2012-07-02 19:03:33

Istat: in Italia la disoccupazione giovanile è al 36,2%


La disoccupazione in Italia a maggio ha subito un lieve calo, ma resta altissima, al 36.2% quella giovanile. Sono i dati sul mercato del lavoro diffusi oggi dall’Istat. Immediata la reazione dei sindacati che chiedono un piano straordinario per l’occupazione, mentre anche le associazioni dei consumatori giudicano la situazione “gravissima” e auspicano manovre di rilancio per far tornare la fiducia. Roberta Barbi:RealAudioMP3

Crescita zero e occupazione ferma: è l’impietosa fotografia che fa oggi l’Istat dell’Italia, dove, stando ai dati, oltre un giovane tra i 15 e i 24 anni su 3 è in cerca di lavoro: le imprese assumono sempre meno e sempre meno giovani. I sindacati tornano a chiedere al governo azioni tese finalmente allo sviluppo; Confindustria auspica un miglioramento della riforma Fornero, soprattutto sul nodo della flessibilità in uscita e non solo in entrata. Sul tema della precarietà, il prof. Marco Leonardi, docente di Economia politica all’università di Milano, mette in guardia dal considerare i contratti a termine e di apprendistato alla stessa stregua dei co.co.co. o delle finte partite Iva, che sono un problema peculiare dell’Italia che la riforma si pone l’obiettivo di combattere:

“Questa riforma tutto sommato è equilibrata, e prevede degli strumenti un po’ per tutto. Prevede una flessibilità in uscita più semplice, una flessibilità in entrata più rigida, nel senso che dovrebbe combattere in maniera molto più attiva di prima, soprattutto il fenomeno delle finte partite Iva. E su questo, la riforma mette uno stop molto serio”.

E intanto lanciano l’allarme anche le associazioni dei consumatori, ma la fiducia e la propensione a spendere sono strettamente correlate con il tasso di disoccupazione, come spiega la prof.ssa Maria Teresa Salvemini, consigliere del Cnel:
“Dobbiamo sperare nella fiducia, cioè che le imprese ricomincino a credere che nei prossimi sei mesi riusciranno a vendere i loro prodotti e quindi ricomincino a produrre e che le famiglie credano che tra sei mesi avranno ancora un reddito e quindi continuino a spendere anziché non spendere”.







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