Elezioni generali in Messico. Favorito il Partito Rivoluzionario Istituzionale
Domani, il Messico alle urne per eleggere il nuovo capo dello Stato, successore del
presidente uscente Calderon, esponente della destra, e tutti i deputati del Congresso.
Quasi 80 milioni i cittadini chiamati alle urne. Secondo i sondaggi si profila un
clamoroso ritorno al potere del Partito rivoluzionario istituzionale, che in passato
ha già guidato il Paese. Quasi mille gli osservatori stranieri che controlleranno
la regolarità delle consultazioni. Ma quali sono le sfide che il prossimo presidente
dovrà affrontare? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Jorge Gutierrez,
corrispondente in Italia per varie testate giornalistiche messicane:
R. - Le sfide
sono molto grandi e molto difficili. Stiamo parlando del narcotraffico, della povertà,
della corruzione, della crisi economica e della dipendenza, forse eccessiva, che ha
il Messico dagli Stati Uniti in materia di interscambi commerciali, che arrivano circa
all’80 per cento. Un problema grandissimo poi è soprattutto quello della sicurezza
del Paese. Chiunque vinca, sono queste le sfide che dovrà affrontare il nuovo governo,
di qualunque colore esso sia.
D. - I sondaggi prevedono un clamoroso ritorno
al potere del Partito Rivoluzionario Istituzionale (Pri). E’ possibile che si verifichi
un evento del genere?
R. - E’ possibile. Il Paese è molto deluso dalla gestione
del Pan - il partito di destra della signora Josefina Vázquez Mota e del presidente
uscente, non rieleggibile, Felipe Calderon - ma ha avuto sempre una grande paura dei
partiti della sinistra, e questo potrebbe portare ad un ritorno del Pri, che ha governato
per più di 70 anni, fino al 2000. Comunque sia, anche per questo partito la sfida
sarà davvero enorme.
D. - La gente messicana, spesso, esprime l’auspicio che
il Paese imbocchi, in modo deciso, la strada verso la modernizzazione e il progresso…
R.
- E’ proprio questo il grande problema e il grande dilemma di tutti i candidati più
importanti. Hanno detto sì allo sviluppo, alla modernizzazione del Messico, alla lotta
al narcotraffico e all’insicurezza, ma è mancata una cosa: nessuno ha spiegato come
pensa di poter arrivare a questi risultati.
D. - E’ pensabile uno sganciamento
del Messico dalla dipendenza con gli Stati Uniti, per avvicinarsi invece agli altri
Paesi latinoamericani?
R. - Non è pensabile che il Messico tagli totalmente
i ponti con gli Stati Uniti, però ci sarà certamente un avvicinamento all’America
Latina. Il Messico, storicamente, ha un particolare vincolo, molto stretto, con l’America
Latina, che con gli ultimi 12 anni di governo da parte della destra si è perso e,
adesso, bisogna tornare a creare legami con l’America Latina. Questo è un dato di
fatto.
D. - Quali auspici ha espresso la Chiesa locale durante la campagna
elettorale?
R. - La Chiesa ha sottolineato l’esigenza di tutelare la vita:
il "no" all’aborto e all’eutanasia, come anche il rispetto in generale per i diritti
umani e l’aiuto verso i poveri. Si tratta di quei principi che la Chiesa sta chiedendo
a qualsiasi sia il partito vincitore o che voglia partecipare a questo processo.