A Bruxelles il Consiglio europeo anti-crisi, tensione tra Germania e altri Stati
E' iniziato, oggi pomeriggio, a Bruxelles il Consiglio europeo anti-crisi. Un vertice
a 27 tutto incentrato sulla situazione economica del Vecchio continente, alla ricerca
di possibili ed urgenti soluzioni. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
L’obiettivo
da raggiungere è ambizioso, ma più che mai necessario: la solidità del Vecchio continente,
ed in primo luogo la calma dei mercati. Secondo gli addetti ai lavori, si tratta dell'ultima
occasione – a meno della convocazione di un altro vertice straordinario in luglio
– per lanciare segnali chiari e importanti, sull'irrevocabilità dell'Unione economica
e monetaria. Ma a preoccupare è soprattutto la posizione assunta dalla Germania, che
non cambia linea dopo l'aut-aut del premier italiano Monti, che - forte dell’appoggio
del francese Hollande - ha dichiarato: “niente Tobin tax senza Scudo anti-spread”.
Berlino, da parte sua, bolla come “esagerato” il panico di Italia e Spagna sui tassi
e fa notare che è a disposizione dei Paesi che ne avessero bisogno una serie “raffinata”
di strumenti, tra i quali il fondo salva-Stati. Intanto a sorpresa il ministro tedesco
delle finanze, Wolfgang Schaeuble, in un'intervista al Wall Street Journal, ha detto
che la Germania è disposta ad un'apertura sulla questione degli Eurobond. E gli industriali
italiani lanciano un allarme: il Pil nel 2012 calerà del 2,4%, mentre la pressione
fiscale supererà il 54%. Drammatica la situazione anche sul fronte occupazionale:
persi un milione e mezzo di posti di lavoro dal 2008. Una crisi economica – si legge
nello studio di Confindustria – che produce danni come se il "Bel Paese" fosse in
guerra.
Un vertice su cui si concentrano le attenzioni dei mercati, in cerca
di maggiore stabilità. Ma nonostante i rischi legati al fallimento del vertice, le
tensioni della vigilia tra la Germania e gli altri Stati, non fanno ben sperare. Salvatore
Sabatino ha intervistato Marco Lossani, docente di Politica internazionale
presso l’Università "Cattolica" di Milano:
R.
– Ci sono i migliori presupposti affinché il Vertice produca un nulla di fatto, che
in questo momento sarebbe un risultato – ovviamente – pessimo! Queste schermaglie,
che si sono andate producendo nel corso della settimana, non sono evidentemente favorevoli
alla soluzione dei problemi che ci sono, che sono grossi e che rischiano di degenerare
molto velocemente.
D. – Se non si dovessero raggiungere i risultati sperati,
che cosa accadrebbe, poi, fattivamente?
R. – Fattivamente c’è il rischio che
il mercato reagisca in maniera molto nervosa, facendo precipitare immediatamente le
quotazioni di quelle che sono, appunto, le principali piazze internazionali e in modo
particolare andremmo incontro a severe tensioni sul mercato dei titoli del debito
pubblico.
D. – Abbiamo visto nelle ultime ore che c’è la preoccupazione soprattutto
di Italia e Spagna: è stato lanciato anche un allarme di Confindustria, in Italia,
che parla addirittura di risultati economici come se il Paese fosse in guerra. Insomma
una situazione davvero drammatica…
R. – L’economia reale sta soffrendo molto
a seguito di queste tensioni che si stanno manifestando, ormai da tempo, sui mercati
finanziari. Comincia a diventare preoccupante, ancora di più di quanto non fosse fino
a qualche mese fa, anche il quadro produttivo e dell’occupazione. Evidentemente le
preoccupazioni di Confindustria sono bene fondate.
D. - Quale può essere la
chiave di volta per uscire dal tunnel della crisi, forse un maggior senso di responsabilità
da parte dei singoli Stati?
R. – Il senso di responsabilità da parte dei singoli
Stati ci deve essere; ci deve anche essere uno sforzo evidentemente a risistemare
alcune cose che non hanno funzionato, ma più che altro in questo momento urge un accordo
veramente cooperativo a livello europeo. La politica deve fare veramente un salto
in avanti! Se si vuole mantenere in vita l’Euro è più che mai necessario mettere da
parte nazionalismi e visioni molto restrittive o particolaristiche e pensare in chiave
davvero europea.
D. - Insomma prima di fare l’Europa, forse andavano "fatti"
gli europei?
R. – Andavano "fatti" gli europei e per favorire la costruzione
degli europei era necessario accelerare sul fronte della costruzione delle istituzioni
europee. Questo è – diciamo – quanto è veramente mancato in questi ultimi 10 anni.
Si era fatto un grandissimo passo in avanti con la costruzione dell’Euro e poi ci
si è sostanzialmente "addormentati" su quello che si era riuscito a fare, senza andare
avanti in questo processo di costruzione, che invece era assolutamente necessario.