Egitto. Nuove proteste di piazza. Padre Samir: transizione sarà lenta
In Egitto, decine di migliaia di persone si sono radunate oggi in piazza Tahrir, al
cairo dopo la preghiera del venerdì per una nuova protesta contro il "colpo di Stato"
dello scioglimento del Parlamento egiziano, ispirato dai militari. Sono in molti a
sostenere che la Giunta militare stia gestendo il processo democratrico in Egitto
in modo autoritario,controllando di fatto le altre istituzioni di governo.
Su questo aspetto, Fabio Colagrande ha sentito il gesuita padre Samir Khalil
Samir,docente di Storia della cultura araba e islamologia all’Università
Saint Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma:
R. - L’esercito
sta cercando di riequilibrare e di vedere tutti i giochi possibili, le manipolazioni
che sono state fatte. Dobbiamo aspettare un po’. C’è il rischio che l’esercito cerchi
di riprendere il potere come al tempo di Mubarak o come subito dopo che sono stati
i più potenti. C’è anche il rischio contrario che mettano un po’ di ordine laddove
c’è una prevalenza di un gruppo sull’altro non giustificata: il semplice fatto che
già lunedì scorso il partito islamico abbia annunciato la vittoria degli islamisti
per influire sul futuro, indica anche una cosa che è contraria al diritto.
D.
- Padre Samir, come commenta la partecipazione dei cristiani copti al recente ballottaggio
per le presidenziali? Sembrano che abbiano voto in massa per Shafiq?
R. - La
prima cosa positiva è che questa volta i copti hanno votato largamente, cosa che non
era mai successa nei voti precedenti. Questo significa che fino a ieri i cristiani
non si sentivano parte della decisione politica, mentre adesso - malgrado tutto -
dicono: noi abbiamo voce nella decisione. Dunque, sono intervenuti in massa. L’orientamento
è andato a Shafin e non per Shatiq come tale, perché è stato un voto anti islamistico.
Qual è il problema con l’islamismo? Che venga rinforzato ancora di più l’art. 2 della
Costituzione, che dice che la sharia è il fondamento della legislazione. Ma
la sharia non è come la Costituzione, perché la sharia è basata sulla
scienza personale degli ulema. Le tendenze islamiche un giorno dicono “no, noi non
vogliamo la sharia”, ma l’indomani un altro invece dice “sì, noi vogliamo applicare
la sharia” e questo a secondo della persona con la quale stanno parlano. Questo
fa sì che vi sia una mancanza di fiducia da parte dei cristiani, come anche dei liberali
musulmani, che dicono preferiamo un altro partito.
D. - Lei è appena tornato
dall’incontro internazionale della Fondazione Oasis a Tunisi: quali confronti possiamo
fare tra la Tunisia, Paese capofila della “primavera araba”, e l’Egitto?
R.
- La Tunisia è sempre stata, già cinquant’anni fa con Bourguiba, molto più avanti
nel progresso democratico, soprattutto il ruolo della donna è stato meravigliosamente
corretto dalla Costituzione. Questo lo possiamo vedere ancora oggi. Anche se il partito
Ennahda che deriva dai Fratelli musulmani è al potere, è stato chiaramente detto che
non intendono mettere la sharia come fondamento della legislazione, tanto più
che sono contrari a qualunque tipo di estremismo. Durante i lavori della Fondazione
Oasis, abbiamo avuto la visita del presidente della Repubblica in persona, Moncef
Marzouki, che si è offerto di venire a tenere una conferenza breve ma formidabile.
Il presidente ha parlato, in particolare, della libertà di coscienza e ha avuto il
coraggio di dire davanti a tutti, in lingua francese: “Noi siamo per una società di
cittadini. Vogliamo che chi è musulmano o cristiano o un ebreo oppure un ateo - e
ha ripetuto ‘oppure ateo’ - abbia gli stessi diritti di tutti”.