Brasile. Proteste e scetticismo per Rio+20 il summit Onu sullo sviluppo sostenibile
In Brasile si è concluso tra proteste e scetticismo il summit Onu sullo sviluppo sostenibile,
denominato Rio+20. Delusi i rappresentanti della società civile e delle popolazioni
indigene a vent'anni di distanza dal primo vertice sulla Terra, svoltosi sempre a
Rio, nel 1992. Poco margine di trattativa sul documento finale approvato dai capi
di Stato e di governo e introduzione ufficiale della cosiddetta green economy negli
atti internazionali sullo sviluppo. Il servizio di Francesca Ambrogetti:
Vasto
consenso sull’urgente necessità di preservare il pianeta, ma profonde differenze -
in particolare tra paesi sviluppati e quelli emergenti - sui metodi per raggiungere
l’obiettivo. I rappresentanti di 193 paesi del mondo riuniti a Rio de Janeiro per
il vertice sullo sviluppo sostenibile hanno esaminato ieri in profondità il documento
finale che verrà probabilmente approvato senza modifiche. Solo forse con qualche aggiunta.
Il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki Moon, che il giorno dell’inaugurazione lo aveva
definito “debole” ha cambiato posizione. “L’accordo sul testo rappresenta un successo
per la comunità mondiale e può portare tutti ad un livello di sostenibilità possibile”
ha detto. Ma le voci critiche sul vertice sono tante: per la mancanza di risultati
concreti, per i contrasti nord-sud sulle responsabilità ecologiche e per i continui
accenni alla crisi europea. Il presidente della Bolivia Evo Morales ha proposto la
nazionalizzazione delle risorse naturali da parte di tutti i paesi, mentre molti appelli
in particolare dai rappresentati dei meno sviluppati sono stati lanciati per la riduzione
della povertà attraverso lo sviluppo sostenibile. Centinaia di esponenti di comunità
di indigeni provenienti da tutto il mondo con i loro costumi tradizionali per un contro
vertice, hanno presentato un documento comune. Reclamano il loro ruolo storico nella
diffusa della terra e definiscono l’economia verde come un delitto di lesa umanità.