Il Papa tra i terremotati, Mons. Busti: "Sarà una visita di consolazione"
"La visita di Benedetto
XVI credo che sarà di grande aiuto e di consolazione a queste persone che vivono un
momento di disagio così forte e così triste. C’è un oltre Po mantovano che si
spinge proprio nell’Emilia Romagna e lì vivono persone che assomigliano del tutto
a coloro che sono state colpite più duramente perché abitanti in prossimità dell’epicentro
del sisma". Così Mons. Roberto Busti, vescovo di Mantova, a commento dell'annuncio
della visita che Papa Ratzinger effettuerà il 26 giugno in alcune località dell'Emilia.
"Ci sono persone nella mia diocesi - spiega ai nostri microfoni - che soffrono molto.
Abbiamo 127 chiese danneggiate e chiuse per sicurezza. Di queste 19 sono in condizioni
critiche per le quali bisognerà decidere se tenerle ancora in questo stato (ma per
garantirne la sicurezza si dovrà spendere per ciascuna 150 – 250mila euro) oppure
abbatterle. Non è cosa da poco. Per altre 31 chiese bisognerà spendere per ciascuna
50mila euro. Sono cifre sbalorditive. Sono oltre 41 i Comuni che hanno avuto danni
strutturali, ma non vittime, un terzo di tutti quelli ammalorati dal terremoto". Sugli
aiuti che la Chiesa locale sta offrendo alla popolazione, il presule sottolinea la
"stretta collaborazione nei vari campi allestiti dalla Protezione Civile, soprattutto
in quello di Moglia, Quistello. La presenza della Caritas garantisce attività di accoglienza
e animazione. I nostri oratori con i Grest tengono vicini i ragazzi, per dare la sensazione
che bisogna continuare a vivere, e a farlo insieme. Stiamo pensando - aggiunge Mons.
Busti - di creare centri di comunità con delle strutture polifunzionali per le attività
liturgiche, ricreative, sociali". Dal punto di vista dei danni alle attività produttive,
il vescovo ricorda che "la terra mantovana è una terra più povera, rispetto a quella
emiliana. E’ dunque meno pronta, più fragile a darsi una ripresa. Però questa forza
c’è. Bisogna prima digerire questo grande tracollo lavorativo ed emotivo. La mia paura
- conclude - è che la gente cada nella disperazione. Adesso è necessario che si rimettano
in piedi le case, le fabbriche, le aziende agricole. Ma io ho chiesto a tutti i sindaci
che non dimentichino di riattivare la speranza. Io ho visto gente credente e non credente,
praticanti e non, piangere nel vedere la loro chiesa così rovinata tanto da diventare
quasi inospitale. Se la realtà del terremoto ci fa conoscere la nostra povertà anche
dal punto di vista scientifico, tecnico, essa ci fa ricordare anche che la dignità
delle persone è più importante di tutto il resto". L’appello conclusivo è "che le
altre diocesi si assumano qualche gemellaggio, perché si possano riaprire le chiese,
i luoghi di socializzazione e di preghiera. Chiediamo di aiutarci per farci sentire
una fraternità ecclesiale che è una fraternità umana". (intervista a cura di Antonella
Palermo)