Mons. Zenari alla Roaco: "La Siria sanguina": Padre Pizzaballa sulla questione Basilica
Natività-Unesco
La Siria ancora nella morsa della violenza. Oggi gli inviati dell’Onu a Damasco hanno
deciso di non effettuare alcun monitoraggio per non mettere in pericolo la loro incolumità.
Di Siria si sta parlando anche alla Roaco, Riunione delle Opere in aiuto alle Chiese
orientali, che si conclude oggi a Roma. Nell’intervista realizzata per il Centro Televisivo
Vaticano da Benedetta Capelli, il nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario
Zenari, ringrazia prima di tutto il Papa per la vicinanza:
R. – Trovandomi
qui, a pochi passi dal Santo Padre, e pensando alla gioia che avrò insieme agli altri
della Roaco di essere ricevuto in questi giorni, esprimerò al Santo Padre la riconoscenza
dei siriani in genere e dei cristiani in particolare, per la solidarietà con cui egli
segue le sofferenze del popolo cristiano. Gli porterò questo ringraziamento di tutta
questa gente per le preghiere, per tutti i suoi appelli e per tutto quello che fa
anche attraverso i suoi rappresentanti: un grazie sincero portato a lui.
D.
– Cosa sta accadendo in Siria?
R. – Ho lasciato la Siria due giorni fa, ancora
sotto il tuono delle esplosioni… Quello che mi fa male sono le ferite della Siria.
La Siria – secondo quello che vedo e provo – sta sanguinando in queste ultime settimane,
in questi ultimi giorni, sanguina da tutte le parti. La Siria sta iniziando la discesa
agli inferi. Direi che c’è ancora un margine di speranza, non siamo ancora arrivati
proprio agli inferi. Ma quello che vedo è che è cominciata questa discesa. Allora
credo che sia veramente il momento per la comunità internazionale di non perdere attimi
di tempo ma di frenare a tutti i costi, frenare questa discesa altrimenti ci troveremo
agli inferi. Credo, ripeto, che la Siria abbia bisogno in questo momento del sostegno
della comunità internazionale: ho paura che da sola non riesca a fermare questa corsa
verso il baratro.
D. – C’è un immagine, un momento che più l’ha colpita durante
tutto questo periodo?
R. – Naturalmente, quello che colpisce tutti quanti sono
certe scene veramente dolorose quando si vedono bambini straziati, lacerati: questo
non si può accettare. Non si può accettare alcun versamento di sangue umano. Il sangue
umano è veramente sacro, di tutti: dei civili, dei non civili, degli adulti… ma quando
si vedono dei bambini sfigurati, dei bambini uccisi questo è un colpo al cuore a tutta
la comunità internazionale. Io sto raccogliendo, e vorrei un giorno poter raccontare,
tanti fiori fioriti in questo deserto della Siria: fiori di bontà, fiori di eroicità,
fiori di altruismo che sono nati proprio in contrasto a questo panorama a volte così
di violenza. Vorrei un giorno poterli raccontare, perché sono molto belli: i fiori
del deserto, del deserto della Siria.
D. – Qual è il ruolo che possono giocare
i cristiani in Siria?
R. – I cristiani hanno un grande ruolo da giocare. Quello
che è importante, e io cerco di aiutarli, è costruire dei ponti. I cristiani sono
riconosciuti come gente non fanatica, gente aperta, che ha dei valori da proporre.
Ho sperimentato che nei villaggi dove vivono cristiani e musulmani c’è, in genere,
una convivenza buona e pacifica. Quindi, direi che in questo momento hanno una vocazione
tutta particolare: quella di cercare a tutti i livelli di costruire dei ponti a livello
di villaggio, di vicinato, fino ai più alti livelli della cultura e possibilmente
anche della politica. E’ una vocazione specifica che hanno in questo momento.
E
in Siria sono molte sono le emergenze per la popolazione civile, provata da ormai
un anno di conflitto. Benedetta Capelli ha intervistato mons. Antoine Audo,
presidente di Caritas Siria:
R. – Io sono
presidente di Caritas dalla fine dell’anno scorso, è una grande responsabilità perché
c’è una crisi economica e anche politica. Bisogna essere presenti. Lavoriamo soprattutto
a Homs, dove c’è stata quasi una guerra civile e tante famiglie hanno lasciato la
città per andare in campagna. Diversi vescovi della regione hanno organizzato aiuti
per i profughi. Ci sono programmi specifici per gli aiuti alimentari ad Aleppo, anche
per la salute, per la scuola per i bambini... C’è un lavoro della Caritas a tre livelli.
Prima di tutto per la salute: c’è un bisogno di medicine, di effettuare interventi
chirurgici. Poi per le scuole: si devono sostenere gli studenti delle scuole. Infine,
è necessario aiutare i profughi perché trovino una casa e paghino l’affitto ogni mese.
E’una priorità per noi adesso.
Alla Roaco, in primo piano anche le tensioni
in Medio Oriente. A dividere la proposta dell’Anp di inserire la Chiesa della Natività
di Betlemme nel “Patrimonio mondiale” dell'Unesco; progetto che Israele non appoggia.
Al microfono di Manuella Afejee, della redazione francese, ascoltiamo padre
Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa:
R. – Già da
più di un anno, l’Autorità nazionale palestinese (Anp) vuole inserire non solo la
Basilica della Natività, ma tutta la città vecchia di Betlemme, includendo la Basilica
della Natività, nella lista del patrimonio universale dell’Unesco. Naturalmente, per
fare questo l’Autorità nazionale palestinese ha voluto anche consultare le Chiese
che hanno in custodia la Basilica della Natività e che sono la Chiesa greco-ortodossa,
la Chiesa cattolica, rappresentata dalla Custodia di Terra Santa, e la chiesa armeno-ortodossa.
Le Chiese, in linea di principio, non hanno nulla in contrario a un’iniziativa del
genere, però hanno sollevato e continuano a sollevare delle perplessità circa il momento
e l’opportunità, tenendo presente che i luoghi santi sono sempre gestiti esclusivamente
dalle comunità religiose, mentre con l’Unesco è il governo che si fa garante della
conservazione delle condizioni. Tenendo poi presente il clima incandescente, dal punto
di vista politico, che c’è in Terra Santa, è nostro auspicio e nostro parere che la
cosa debba maturare meglio. In Terra Santa, tutto può diventare strumentalizzazione
politica.