Pakistan: i cristiani sostengono la nuova legge su conversioni e matrimoni forzati
Le conversioni e i matrimoni forzati sono “contrari alla dignità umana, ai diritti
umani, alle libertà fondamentali di ogni individuo, inscritte da Dio in ogni essere
umano”. Per questo “come cristiani, sosteniamo con vigore il progetto di una nuova
legge che impedisca tali abusi, che colpiscono specialmente le minoranze religiose
indù e cristane”: lo dice all’agenzia Fides il domenicano padre James Channan, direttore
del “Peace Center” di Lahore, in prima linea nel promuovere il dialogo interreligioso
e i diritti delle minoranze religiose in Pakistan. Secondo padre Channan – in passato
segretario della Commissione episcopale per il Dialogo e Consultore del Pontificio
Consiglio per il Dialogo interreligioso – “l’iniziativa della Commissione nazionale
per le Minoranze Religiose sul nuovo progetto di legge per fermare le conversioni
e i matrimoni forzati è molto importante e rappresenterebbe un passo avanti per l’armonia
e la pace in Pakistan”. Per questo la comunità cristiana “la sostiene con vigore,
nell’ottica di contribuire allo sviluppo, al progresso e alla costruzione di una nazione
tollerante, pacifica, pienamente rispettosa dei diritti dell'uomo”. Il progetto di
legge proposto dalla Commissione prevede, fra l’altro, che i convertiti all’islam
non possano sposarsi per almeno sei mesi dopo la conversione e che un magistrato,
non un agente di polizia, sia incaricato di registrare, in modo indipendente, le dichiarazioni
dei presunti convertiti. La questione sta agitando il Paese a tutti i livelli. Nei
giorni scorsi il politico indù Bherulal Balani ha denunciato che un parlamentare membro
del Pakistan Peoples Party (Ppp), il partito di governo, è coinvolto nel rapimento
e nella conversione di ragazze indù, notando “l’indifferenza del partito di fronte
al fenomeno delle conversioni forzate”, tornato alla ribalta della cronaca nei mesi
scorsi per il caso di Rinkle Kumari, Asha Kumari e Lata Fumari, tre ragazze indù convertite
a forza all’islam. La comunità indù ha anche minacciato una “emigrazione di massa
dal Paese, se non saranno presi immediati provvedimenti per fermare le conversioni
forzate”, come ha asserito di recente il Consiglio Indù del Pakistan, davanti ad una
assemblea di oltre 400 leader della comunità indù delle province di Sindh e Beluchistan.
Anche i rappresentanti del “Pakistan Dalit Solidarity Network” hanno chiesto al governo
di prendere atto del rapimento di ragazze dalit e della loro conversione forzata all'Islam,
denunciando la discriminazione sociale ed economica contro le comunità più povere
ed emarginate. Secondo Paul Bhatti, Consigliere Speciale del Primo Ministro per l’Armonia
Nazionale, le cause principali delle conversioni forzate sono povertà, analfabetismo,
ignoranza e ingiustizia sociale. (R.P.)