2012-06-19 14:13:28

Pakistan: i cristiani sostengono la nuova legge su conversioni e matrimoni forzati


Le conversioni e i matrimoni forzati sono “contrari alla dignità umana, ai diritti umani, alle libertà fondamentali di ogni individuo, inscritte da Dio in ogni essere umano”. Per questo “come cristiani, sosteniamo con vigore il progetto di una nuova legge che impedisca tali abusi, che colpiscono specialmente le minoranze religiose indù e cristane”: lo dice all’agenzia Fides il domenicano padre James Channan, direttore del “Peace Center” di Lahore, in prima linea nel promuovere il dialogo interreligioso e i diritti delle minoranze religiose in Pakistan. Secondo padre Channan – in passato segretario della Commissione episcopale per il Dialogo e Consultore del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso – “l’iniziativa della Commissione nazionale per le Minoranze Religiose sul nuovo progetto di legge per fermare le conversioni e i matrimoni forzati è molto importante e rappresenterebbe un passo avanti per l’armonia e la pace in Pakistan”. Per questo la comunità cristiana “la sostiene con vigore, nell’ottica di contribuire allo sviluppo, al progresso e alla costruzione di una nazione tollerante, pacifica, pienamente rispettosa dei diritti dell'uomo”. Il progetto di legge proposto dalla Commissione prevede, fra l’altro, che i convertiti all’islam non possano sposarsi per almeno sei mesi dopo la conversione e che un magistrato, non un agente di polizia, sia incaricato di registrare, in modo indipendente, le dichiarazioni dei presunti convertiti. La questione sta agitando il Paese a tutti i livelli. Nei giorni scorsi il politico indù Bherulal Balani ha denunciato che un parlamentare membro del Pakistan Peoples Party (Ppp), il partito di governo, è coinvolto nel rapimento e nella conversione di ragazze indù, notando “l’indifferenza del partito di fronte al fenomeno delle conversioni forzate”, tornato alla ribalta della cronaca nei mesi scorsi per il caso di Rinkle Kumari, Asha Kumari e Lata Fumari, tre ragazze indù convertite a forza all’islam. La comunità indù ha anche minacciato una “emigrazione di massa dal Paese, se non saranno presi immediati provvedimenti per fermare le conversioni forzate”, come ha asserito di recente il Consiglio Indù del Pakistan, davanti ad una assemblea di oltre 400 leader della comunità indù delle province di Sindh e Beluchistan. Anche i rappresentanti del “Pakistan Dalit Solidarity Network” hanno chiesto al governo di prendere atto del rapimento di ragazze dalit e della loro conversione forzata all'Islam, denunciando la discriminazione sociale ed economica contro le comunità più povere ed emarginate. Secondo Paul Bhatti, Consigliere Speciale del Primo Ministro per l’Armonia Nazionale, le cause principali delle conversioni forzate sono povertà, analfabetismo, ignoranza e ingiustizia sociale. (R.P.)







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