Nigeria. L’arcidiocesi di Abuja: no alla violenza contro le violenze
Battaglia nelle ultime ore tra i terroristi di “Boko Haram” e l’esercito nella città
nigeriana di Damaturu, nel Nord Est del Paese. Imprecisato il numero delle vittime,
mentre anche la residenza del governatore è tra i luoghi attaccati dagli islamisti.
Intanto, nella città di Kaduna - dopo gli attacchi alle chiese di domenica - la situazione
è ora calma secondo quanto riferito dall’arcivescovo locale, mons. Matthew Man-oso
Ndagoso. Sulle motivazioni degli attacchi contro i cristiani in Nigeria, Fabio
Colagrande ha intervistato padre Patrick Tor Alumuku, direttore dell’Ufficio
Comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Abuja:
R. - Questo
è un mistero: non si sa quale siano i motivi, oltre quelli che abbiamo sempre capito
e che sono motivi più politici che non religiosi. I vescovi in Nigeria credono che
queste persone devono essere considerate come criminali, anche perché non sono neanche
alleati di gruppi musulmani - per così dire - istituzionali: i capi musulmani dicono
che queste persone non sono dalla loro parte.
D. - Come mai, secondo lei,
il governo nigeriano - nonostante le forze che ha messo in campo - non riesce a fermare,
a contrastare questi terroristi?
R. - E’ una domanda molto difficile, perché
la Nigeria è molto grande: anche la parte in cui accadono le violenze è molto estesa.
Questi criminali vanno ad attaccare un città e il giorno dopo attaccano un’altra città
a 600 chilometri di distanza. Il governo cerca di fare maggiore attenzione sulla sicurezza,
ma il problema è che non si sa mai dove attaccheranno domani. Quindi, è veramente
molto difficile.
D. - Lei prima ripeteva che non si tratta di un conflitto
religioso, ma dietro ci sono motivazioni politiche. Motivazioni che arrivano dall’esterno
del Paese?
R. - No, dall’interno del Paese. Qualche volta c’è la tentazione
di pensare che al Qaeda stia appoggiando questi gruppi, ma forse al Qaeda dà loro
soltanto le armi. Chi li spinge però a compiere questi attenti sono i politici del
Paese, perché dopo aver perso le elezioni lo scorso anno per il musulmani governo
e religione sono la stessa cosa. Ecco qual è il problema. Se un musulmano è il capo
del governo, questo va bene perché vuol dire che favorisce la religione musulmana.
Ma se al governo c’è un cristiano, questo può essere un problema perché non possono
avere come musulmani quel tipo di appoggio.
D. - Pensate che la comunità internazionale
debba aiutare in qualche modo il governo per contrastare questi attacchi?
R.
- Il governo americano ha già accettato di aiutare il governo nigeriano. Speriamo
che altri governo possano dare un aiuto… Percepiamo sempre più la preoccupazione internazionale
per questa situazione dai delegati che vengono dagli altri Paesi per aiutarci. La
settimana scorsa, ad esempio, c’era una delegazione proveniente dall’Austria giunta
in Nigeria per cercare di parlare sia con i gruppi musulmani e cristiani, sia con
il governo per trovare una via di uscita.
D. - E’ particolarmente grave il
fatto che dopo gli attacchi da parte dei terroristi vi siano state delle rappresaglie
anche da parte dei cristiani. C’è qualcuno che vuole creare una vera e propria guerra
civile?
R. - Non credo proprio che qualcuno voglia creare una guerra civile.
C’è tensione e i vescovi parlano ogni settimana per cercare di calmare i cristiani
del Paese e i cristiani non sanno più cosa fare. Ecco perché c’è stata quella reazione
a Kaduna. Ma la Chiesa mantiene la sua posizione cristiana e dice: noi non dobbiamo
rispondere mai alla violenza con la violenza.