2012-06-19 14:16:30

Il cardinale Bertello all'Eremo di Camaldoli di Arezzo per celebrare il millennio di fondazione


Giornata solenne ieri, all’Eremo di Camaldoli di Arezzo, dove l’inviato speciale del Papa, il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, ha presieduto le celebrazioni per il millennio di fondazione del Sacro Eremo, ad opera di San Romualdo abate. Il priore generale dell’Ordine, dom Alessandro Barbàn, racconta al microfono di Alessandro De Carolis la preparazione con cui la comunità dei monaci si è apprestata a questo importante traguardo storico e spirituale:RealAudioMP3

R. – Ci siamo preparati rimanendo fedeli, in qualche modo, alla nostra regola monastica, ravvivando dentro la nostra comunità, dentro le nostre comunità, il senso di appartenenza e di riscoperta del nostro carisma monastico, nella dinamica tra monastero ed eremo: qui a Camaldoli abbiamo il monastero a 800 metri e l’eremo a 1.100 metri. Siamo dunque un’unica comunità e quindi ci ritroviamo in comunità, continuando a pregare insieme, continuando la nostra vita e soprattutto approfondendo il carisma di Romualdo. In qualche modo Romualdo ci ha aiutato a ritrovare il senso del nostro essere monaci camaldolesi.

D. – In questo orizzonte del millenario si colloca la visita che, lo scorso marzo, Benedetto XVI ha voluto rendere alla vostra comunità di San Gregorio al Celio. Cosa conserva di quella giornata?

R. – Sua Santità ha voluto celebrare con noi questo millenario e non potendo venire qui a Camaldoli, ci ha raggiunto nella nostra Basilica a Roma, a San Gregorio al Celio. Abbiamo celebrato insieme i Vespri e poi siamo stati insieme a cena. È stato un momento di grande fraternità e di grande incontro - diciamo così - molto “monastico”, perché il Papa ha dei tratti molto monastici. C’è stata una conversazione molto fraterna, molto sincera e molto profonda tra il Papa e noi e tra noi e il Papa.

D. - Mille anni di storia dello spirito sono un arco di tempo così vasto, che credo molte siano le chiavi di lettura di questo traguardo…

R. – Anzitutto, la tradizione romualdina e camaldolese è ricordata nella Chiesa per la riforma eremitica: accanto al dato cenobitico della vita monastica, Romualdo ha voluto anche aggiungere l’Eremo. Nell’Eremo c’è la dimensione del silenzio, della solitudine, ma non è un eremo staccato, in qualche modo, dalla vita della Chiesa o dalla vita della società. Dobbiamo ricordare che la presenza monastica camaldolese è una presenza incarnata nella storia, accanto agli uomini, ma soprattutto dentro la Chiesa, al servizio della Chiesa, con la preghiera e con l’ospitalità.

D. - Cosa rappresenta il carisma camaldolese nella Chiesa di oggi?

R. - Io credo che la dimensione che ci caratterizza oggi dopo mille anni – già presente sin dall’inizio, anche se in embrione, ma oggi più evidente e rilevante – sia proprio l’accoglienza. In tutte le nostre foresterie, specialmente qui a Camaldoli, noi abbiamo sempre accolto le persone. E non si tratta di accoglienza semplicemente perché diamo una camera e basta: c’è una proposta culturale, c’è un proposta teologica, c'è una proposta di cammino insieme.

D. – Quindi, voi siete testimoni diretti che l’indifferenza religiosa non è quel muro imperforabile, come talvolta si crede…

R. - Noi stiamo registrando un interesse nei confronti della vita monastica. La gente credo che oggi sia sola, abbandonata un po’ a se stessa, smarrita nei valori e ha quindi bisogno di trovare delle radici, di fare delle esperienze di preghiera, di lettura della Sacra Scrittura, di approfondimento, soprattutto un’esperienza di comunità. Queste dimensioni che proponiamo vengono sempre molto apprezzate dalle persone, che quando poi vanno via dicono: ci avete insegnato a pregare, abbiamo capito qualcosa di più del dono di Dio, abbiamo compreso di più qualcosa della nostra fede cristiana. Credo che questi siano elementi molto importanti del nostro servizio.







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