Myanmar: nel Rakhine calma apparente dopo le violenze religiose
Le autorità birmane riferiscono che nello Stato di Rakhine, teatro nelle scorse settimane
di violenze interconfessionali fra buddisti e musulmani, è tornata la calma e la situazione
è sotto il controllo delle forze di sicurezza. L'annuncio arriva dal colonnello Htein
Linn, responsabile dei Confini e della sicurezza dello Stato nord-occidentale, che
in una conferenza stampa nella capitale Sittwe annuncia: "Possiamo dire che, adesso,
la situazione è sotto controllo". Delle violenze a sfondo religioso in Myanmar ha
parlato anche Aung San Suu Kyi, impegnata in un tour europeo iniziato due giorni fa
in Svizzera e che nei prossimi giorni farà tappa in Norvegia, Irlanda, Inghilterra
e Francia. La Nobel per la pace ha sottolineato che nel Paese deve valere il "principio
della legalità" e della "supremazia della legge", ma non ha voluto spendere - forse
per non irritare troppo la leadership di governo a Naypyidaw e lo stesso presidente
Thein Sein - troppe parole di solidarietà per la minoranza musulmana Rohingya, ancora
una volta vittima di abusi, straniera in patria (Myanmar) e respinta dalle nazioni
musulmane dell'area (su tutti il Bangladesh). Il colonnello Linn ha spiegato che sono
tuttora in corso gli interventi a sostegno della popolazione locale e nega le voci
circolate nelle ultime ore, secondo cui i rifugiati - nei campi e non - sarebbero
ridotti alla fame. E aggiunge che quasi 32mila persone a oggi sono ospitate in 37
Centri di accoglienza governativi sparsi per lo Stato di Rakhine, conosciuto anche
col nome di Arakan. Tuttavia, nella zona si respira ancora una certa tensione e resta
il timore di possibili nuovi scontri. Per questo - riferisce l'agenzia AsiaNews -
sono intervenuti anche i leader religiosi birmani, invitando i fedeli alla calma e
a collaborare con le autorità per riportare la pace. A scatenare le violenze nello
Stato di Rakhine, lo stupro e seguente omicidio di una donna buddista avvenuto a fine
maggio. Nei giorni seguenti una folla inferocita ha accusato alcuni musulmani uccidendone
10 di loro, che viaggiavano su un autobus ed erano del tutto estranei al fatto di
sangue. La spirale di odio, sfociata in una vera e propria guerriglia, è quindi continuata
nei giorni successivi e ha causato la morte di altre 29 persone, di cui 16 musulmani
e 13 buddisti, altri 38 i feriti. Secondo le fonti ufficiali sono andate in fiamme
almeno 2600 abitazioni. Al momento sono tre i musulmani sotto processo per la morte
della donna. (R.P.)