Cina: scuse ufficiali dopo la foto-choc della donna costretta ad abortire a sette
mesi
Provoca choc e fortissimo sdegno la foto della giovane donna cinese con accanto il
feto del piccolo che ha dovuto abortire a sette mesi di gravidanza, a causa della
legge che impone il figlio unico. Lei ha già una bambina e non è stata in grado di
pagare la multa che in casi come questi può fare eccezione alle normative. Il governo
di Ankang, città della provincia settentrionale di Shaanxi dove il terribile episodio
è avvenuto il 2 giugno scorso, ha sospeso gli impiegati del family planning locale
e ha presentato scuse, rilasciando il permesso alla donna di avere un nuovo figlio.
Ma il marito, che vuole un processo, afferma che “il governo non dovrebbe avere il
potere di dire quando e come avere figli". Della politica demografica condotta dalla
Cina negli ultimi 30 anni, Fausta Speranza ha parlato con Patrizia Farina,
docente di Demografia presso l’Università di Milano Bicocca e esperta di Cina:
R. – Gli anni
Ottanta e Novanta, sono stati gli anni di quello che tutti sanno o conoscono come
la “politica del figlio unico”, che tuttavia fino al 2002 non è stata sorretta da
una legge organica, che dicesse le ragioni e a quali condizioni e chi dovesse avere
uno o più figli. Non è stato un caso: là dove non esiste una legge precisa e viene
demandata alla normativa provinciale o alle regolamentazioni generiche, le possibilità
di esercitare arbitrii naturalmente si moltiplicano. E questo è accaduto negli anni
Ottanta. Questo arco di tempo ha segnato l'avvio di una “politica del figlio unico”
violenta, coercitiva. Poi ha lasciato il posto gradualmente alla consapevolezza di
alcune conseguenze, anche in un certo senso all’adesione ai principi della conferenza
del Cairo, svoltasi proprio nel 2002, quindi al diritto ad allentare la morsa del
figlio unico. Accade soprattutto per ragioni di opportunità demografica perché ci
si è resi conto che vent’anni di politica stretta rispetto alla riproduzione hanno
fatto sì che l’equilibrio fra le diverse componenti della popolazione venisse meno.
Quindi, la mancanza di alimentazione delle nascite ha fatto sì che la popolazione
cinese, prima ancora di diventare ricca, diventi, dal punto di vista demografico,
molto povera. Di questo si sono resi conto i cinesi, anche in senso funzionale o strumentale:
la politica del figlio unico di fatto è stata allentata, se non in alcune aree addirittura
abbandonata.
D. – Dunque, questo drammatico episodio è una sorta di eccezione
in una controtendenza...
R. – Esatto, sicuramente negli ultimi anni.
D.
– Lei che conosce il mondo cinese, pensa si sia aperto un dibattito su questa legge,
pensa che si potrà rivedere? E anche a livello internazionale, è una questione di
diritti umani da sollevare e si possono ipotizzare misure precise?
R. – Sicuramente,
è una questione di diritti umani. La questione demografica è sempre stata una questione
di diritti umani. Su questo la comunità internazionale non è proprio stata silente,
magari lo è stata rispetto ai media. Però, tutte le organizzazioni internazionali
legate all’Onu hanno presentato interrogativi su interrogativi al governo cinese,
che però non hanno avuto nessun effetto. Ora, non è la politica del figlio unico ma
è l’aborto selettivo la questione demografica cruciale. E’ l’aborto selettivo l’emergenza,
perché in Cina, purtroppo – nonostante tutti gli indicatori sociali ed economici –
l’essere bambina vale meno che l’essere un bambino. E in Cina come in altri Paesi
asiatici si abortisce se si aspetta una bimba.