“Non dimenticate l’ospitalità; poiché alcuni esercitandola, senza saperlo, ospitarono
degli angeli”: prende spunto da questo passo della Lettera agli Ebrei (13,2) la riflessione
delle Chiese e delle Comunità religiose svizzere per le Giornate dedicate ai rifugiati,
sabato e domenica prossimi. In una nota - a firma di mons. Norbert Brunner, presidente
della Conferenza cattolica dei vescovi svizzeri, il pastore Gottfried Locher, esponente
della Federazione delle Chiese evangeliche elvetiche, Herbert Winter, presidente della
Federazione svizzera delle comunità israelitiche, e del vescovo Harald Rein della
Chiesa cattolico-cristiana svizzera – si legge: “Si parla molto di come i richiedenti
asilo sfruttino la nostra ospitalità, ne abusino e non si comportino come un ospite
dovrebbe. Questo può accadere, è il nostro rischio in qualità di ospitanti. Nessuno
però parla del fatto che i richiedenti asilo sono angeli che onorano la nostra ospitalità.
E anche questo è un rischio per chi ospita”. “Pensare che l’altro possa essere un
angelo - si legge ancora - è anche un modo di andare incontro alle persone straniere.
E proprio perché gli angeli non sono riconoscibili, non possiamo fare altro che accogliere
la richiesta di ospitalità di ogni essere umano”. Quindi, le Chiese e le comunità
religiose elvetiche sottolineano: “Non sappiamo quale persona nasconda un angelo in
sé. E siccome l’angelo non è visibile nella persona, qualunque essere umano davanti
alla nostra porta potrebbe esserlo. Così ogni volta che abbiamo sbattuto la porta
in faccia a qualcuno, potremmo aver mandato via un angelo”. Infine, si ricorda l’impegno
portato avanti dalla Chiese e dalle Comunità religiose già da molti anni sul tema
dell’accoglienza dei rifugiati e si cita la nota diffusa 27 anni fa e intitolata “Dalla
parte dei rifugiati”, in cui si affermava: “Il rispetto e la dignità umana di ogni
persona, a prescindere da razza, lingua, religione, sesso o posizione sociale, è uno
dei principi del nostro stato e della nostra cultura. Tale principio deve emergere
in particolare nel nostro comportamento nei confronti delle persone deboli e svantaggiate,
ma anche nei confronti dei richiedenti asilo e dei rifugiati”. (I.P.)