Siria: numerosi morti nelle ultime ore. Drammatica testimonianza di padre Dall’Oglio,
in procinto di lasciare il Paese
In Siria è di 35 morti il bilancio provvisorio, reso noto da fonti dell’opposizione,
di una nuova giornata di violenze. Tra le vittime, anche un ufficiale dell'Esercito
libero siriano composto da disertori che si oppongono al regime. Dall’inizio della
rivolta, nel marzo del 2011, sono stati uccisi almeno 800 disertori. Le violenze –
ha detto il premier Mario Monti – sono inaccettabili e vanno condannate con la massima
fermezza. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
In Siria è sempre
più drammatico il bilancio delle violenze: secondo l’Osservatorio siriano sui diritti
umani, sono oltre 14.400, tra cui almeno 10 mila civili, le persone uccise in 15 mesi
di rivolta. A Roma, intanto, il Senato italiano, ha approvato il decreto sulla partecipazione
dell’Italia alla missione degli osservatori Onu in Siria, che ha il compito di monitorare
la piena attuazione della proposta dell'inviato speciale delle Nazioni Unite, Kofi
Annan, accettata dal governo di Damasco. Dopo l’allarme lanciato nei giorni scorsi
dall’Onu con la denuncia di casi di bambini uccisi e usati come scudi umani, Amnesty
International - che è riuscita ad intervistare civili in 23 villaggi e città siriane
- sostiene di avere la prova che molte persone, bambini compresi, sono state portate
via dalle loro case e poi uccise. Il regime di Damasco – sottolinea in un rapporto
l’Ong che chiede una reazione “urgente e decisiva” della comunità internazionale –
“sta commettendo crimini contro l'umanità”.
Sulla situazione nel Paese, la
testimonianza del padre gesuitaPaolo Dall’Oglio, fondatore del monastero
di Deir Mar Musa in Siria, ora in procinto di lasciare il Paese. L’intervista è di
AntonellaPalermo:
R. – Sono immensamente
addolorato per questo Paese diviso, sofferente, ferito a morte. Penso ai molti giovani
in prigione, alle molte persone torturate; penso ai giovani in armi sulle differenti
posizioni e trincee: sono giovani che meriterebbero di vivere in un Paese pacificato,
pluralista e democratico. Invece, i grandi giochi regionali ne fanno qualche volta
i burattini e qualche volta gli autori e gli attori di una guerra civile tremenda.
D. – Il monastero che ha fondato resterà aperto?
R. – Noi rimarremmo
certamente lì, fin quando ci sarà possibile. Io ho fiducia, perché i siriani musulmani,
prima ancora dei cristiani, hanno un senso del luogo sacro molto acuto e coerente
e quindi un monastero votato all’amicizia islamo-cristiana viene rispettato ed amato
da tutti.
D. – Quanto è manovrata internazionalmente la situazione caotica
e tragica della Siria?
R. – La Siria, purtroppo, è un “bubbone” multiplo delle
febbri internazionali. La Siria è utilizzata come una "magnifica" valvola di decompressione
regionale. La crisi siriana è il luogo, il palcoscenico tragico di una contrapposizione
regionale sunnita, sciita, che ha già visto il Libano e l’Iraq sacrificati a questa
logica suicida. La Siria è oggi lo spazio di contrasto più strategico tra la potenza
continentale asiatica-russa e la Nato. Ci sono quindi tutti gli elementi per andare
avanti di male in peggio.
D. – La Francia chiederà al Consiglio di Sicurezza
dell’Onu di rendere obbligatorio il piano di pace di Kofi Annan, ricorrendo al capitolo
della Carta dell’Onu che prevede anche il ricorso all’uso della forza armata a scopo
preventivo... Ci riuscirà?
R. – Io non faccio di mestiere il veggente. Sono
un monaco che prega per la pacificazione di questo Paese e credo che sia certamente
un dovere stretto, morale, internazionale intervenire quando un Paese, per effetto
di tensioni internazionali, è ridotto alla situazione in cui è ridotta la Siria; ma
con proporzionalità, intelligenza, gradualità, cercando di non far peggio, come si
è fatto per un certo verso in Libia, certamente in Iraq e assolutamente in Afghanistan
e altrove. Il dubbio che armare la Comunità internazionale sia una pessima soluzione
rimane, e io ne sono convinto. Prima di passare ad un intervento armato o pensare
ad un intervento armato solo nei luoghi in cui più specificamente si sta verificando
un conflitto interconfessionale di natura civile, prima ancora e solo in queste limitate
situazioni, permetterei l’intervento di polizia internazionale.
D. – Padre
Dall’Oglio, ci sarebbero 800 civili, fra cui 400 cristiani intrappolati nel centro
storico di Homs, mentre infuriano gli scontri tra esercito regolare e forze di opposizione…
R. – Ad Homs tutta la città è in una situazione di guerra: i rivoltosi, i
rivoluzionari hanno preso molti quartieri della città, tra cui i due quartieri in
cui i cristiani sono in maggioranza e da dove i cristiani – evidentemente non "adeguati
ideologicamente" per entrare nella guerra armata – sono andati via in massa. Si sono
sentiti tanti numeri: 160 mila, questi cristiani usciti dalla zona di Homs e distribuiti
su tutto il territorio nazionale. Alcuni sono rimasti, ci sono due sacerdoti – uno
gesuita e uno siriaco – e un terzo melkita, che si occupano di aiutare i cristiani
rimasti in città, così come della popolazione civile musulmana intrappolata negli
scontri. E’ la popolazione civile che soffre nella guerra. Le bombe dei carri armati
non sanno discernere un musulmano da un cristiano! Le mitragliate degli elicotteri
non sono proiettili intelligenti, che sanno guardare la carta di identità della gente!
D. – Quindi non è "caccia ai cristiani"?
R. – Io non posso escludere
che in Siria agiscano gli stessi gruppi che hanno agito, durante l’occupazione occidentale
in Iraq e che sono riusciti a Baghdad, a Mossul e altrove a rendere impossibile la
vita dei cristiani… Questo non si può assolutamente escludere. Al Qaeda - per esempio
- è un’organizzazione segreta che agisce per i suoi propri fini anche all’interno
dello spazio rivoluzionario siriano, che a sua volta non ha un controllo su Al Qaeda;
così come il governo italiano non ha un controllo sulle cellule più o meno silenti
del terrorismo islamico, che possono essere sul territorio italiano o europeo. E’
un problema che supera di gran lunga la questione rivoluzionaria e gli obiettivi della
rivoluzione! I musulmani siriani lo gridano anche davanti ai cadaveri dei loro figli
uccisi: “Vogliamo una Siria pluralista e democratica per i musulmani, per i cristiani,
per gli alawiti, per tutti”.
D. – Allora è tua intenzione tornare in Siria?
R.
– Io la Siria non la lascio per niente! E’ solo il mio cadavere che cammina che lascia
la Siria: io resto in Siria al cento per cento!