La visita a Baku del cardinale Filoni, al “piccolo seme” della Chiesa dell’Azerbaijan
Il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il cardinale
Fernando Filoni, è appena rientrato in Vaticano da Baku, in Azerbaijan dove si
è recato in occasione del 10.mo anniversario della storica visita di Giovanni Paolo
II nel Paese caucasico. Al porporato – che ha incontrato la piccola realtà cattolica
ed ha inaugurato un Centro pastorale – Roberto Piermarini ha chiesto che cosa
ha lasciato in Azerbaigian la visita di dieci anni fa del Beato Giovanni Paolo II?
R. – La visita
è stata un evento storico e straordinario, perché ha aperto alla comprensione di che
cosa è la Chiesa cattolica. Bisogna dire che questa Chiesa, secondo alcuni storici,
risale ai primi secoli della Chiesa: poi però per alterne vicende, non ci sono stati
contatti e non ci sono state permanenti realtà di scambio. Bisogna arrivare praticamente
all’inizio del secolo scorso - nel 1903 - quando c’erano circa 10 mila cattolici e
si avviò la costruzione di una vera comunità, attorno ad una grande Chiesa che fu
dedicata a Maria Immacolata e che poteva contenere fino a 1.200 fedeli: una chiesa
molto bella, in stile gotico, che però il regime sovietico – nel 1931 – completamente
distrusse, uccidendo il sacerdote che era responsabile e annullando così la presenza
cristiana. Dunque una Chiesa che veniva da una grande sofferenza: ora è rimasto un
piccolo nucleo, piccolissimo nucleo di fedeli, che scrisse proprio alla Santa Sede
per chiedere l’assistenza di un sacerdote. Arriviamo così praticamente ai nostri giorni,
quando la Chiesa con la comunità cattolica fu registrata. Giovanni Paolo II capì e
intuì questo momento così importante – la storia antica di questa Chiesa, il momento
significativo in cui ci si trovava con la richiesta dei fedeli – e questa visita aprì
praticamente le porte in un modo straordinario. Si può dire che quasi ancora non riusciamo
a stimare completamente l’importanza di quella visita, ma fu così importante per la
Chiesa e per l’Azerbaigian che il presidente Aliyev promise di dare un terreno, dove
potesse essere costruita la chiesa. Siamo – a questo punto – al 2002 e quest’anno
abbiamo celebrato il decimo anniversario della visita di Giovanni Paolo II e abbiamo
potuto proprio in questa circostanza visitare questa piccola comunità.
D.
– Quale Chiesa ha incontro in Azerbaijan?
R. - Si tratta di una comunità di
circa 450 cristiani cattolici, ma una comunità assai significativa. In questo contesto
bisogna dire una cosa importante: lo Stato ha riconosciuto legalmente la Chiesa cattolica,
quindi con tutta la possibilità di agire e di fare legalmente la propria attività.
Io ho trovato una bellissima chiesa, piccola ma molto significativa: questo è stato
per me di grande consolazione e credo che lo sia stato anche per i fedeli.
D.
– Eminenza, che messaggio ha lasciato alla piccola chiesa azera?
R. – Il messaggio
veniva dall’immagine di Gesù, che dice nel Vangelo: “Voi siete un piccolo seme”. Ed
è proprio un piccolo seme nella comunità dell’Azerbaigian, ma già assai stimato e
significativo. Significativo perché il Centro pastorale che è stato inaugurato, che
sorge intorno alla chiesa, può ospitare giovani e può ospitare i fedeli; c’è il catechismo
e c’è la possibilità di svolgere incontri di conoscenza biblica. E’ una presenza anche
attiva, perché molta gente ama andare lì per incontrarsi a livello spirituale, ma
a livello anche di formazione morale. Bisogna anche dire che questa comunità, anche
livello sociale, ha già ottenuto di aprire una Casa che ospita poco più di una ventina
di anziani, le cui condizioni - oltre all’anzianità - è anche di malati e di persone
che vivono situazioni particolari. E’ una delle pochissime opere sociali che esistono
da questo punto di vista ed è anche molto stimata - mi hanno detto - anche all’interno
delle altre comunità cristiane, per esempio dagli ortodossi, ma anche dai musulmani
stessi, che vedono un’azione così significativa. Dunque un seme che sta crescendo
come Chiesa, un’attività formativa per i giovani, per i ragazzi, per quei bambini
che hanno difficoltà a scuola e che sono curati e seguiti, laddove le famiglie non
avrebbero possibilità di fare di più. Ma poi anche piccolo seme di questa comunità
tenuta delle suore di Madre Teresa, straordinaria sia per gioia, sia per il lavoro
sociale che fanno.
D. – Eminenza, le autorità dell’Azerbaigian come vedono
la presenza della Chiesa cattolica?
R. – La vedono molto bene e sono proprio
loro che ne incoraggiano la visibilità. Dopo Giovanni Paolo II – bisogna ricordarlo
– è andato anche il cardinale segretario di Stato Bertone, è andato il cardinale Ravasi,
è andato il cardinale Touran, sono andati anche altri vescovi e arcivescovi. Io stesso,
con questa mia visita, ho voluto mostrare l’apprezzamento anche verso lo Stato che,
avendo dato proprio recentissimamente la qualifica di Chiesa riconosciuta, ha permesso
che la nostra azione rientrasse anche nell’ambito della legge e della legalità e quindi
presente con tutti i carismi. La nostra Congregazione recentemente – appena l’anno
scorso – aveva elevato la missio sui iuris di Baku a Prefettura apostolica e quindi
lì abbiamo un prefetto apostolico nella persona di mons. Fekete. La comunità salesiana
che lavora lì, fa molto bene: io la ho incontrata e sono rimasto edificato per il
loro modo di operare.