Iraq. Attacchi contro pellegrini sciiti: circa 60 morti
Iraq nel sangue per una serie di attacchi ed esplosioni ad Hilla e Baghdad ma anche
Kerbala e Kirkuk contro pellegrini sciiti, radunatisi per commemorare la morte dell’Imam
Kadhum. Il bilancio delle vittime, ancora provvisorio, parla di circa 60 morti, tra
cui anche agenti della polizia e 120 feriti. Più che responsabilità di al Qaeda,
la violenza odierna sarebbe il frutto di una lotta intestina tra le varie confessioni
religiose. Lo conferma mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, al microfono
di Cecilia Seppia:
R. – Io penso
che la matrice di questi attacchi sia piuttosto politica, perché c’è una lotta sul
potere tra sciiti e sunniti, loro vogliono cambiare il primo ministro, Al Maliki,
che è sostenuto dagli sciiti ma anche dall’Iran, Stati Uniti. Coloro che vogliono
un cambiamento sono altri: la Turchia, l’Arabia Saudita, Qatar; è veramente un dramma.
D.
– Sembrerebbe però che le autorità irachene sospettino la regia di Al Qaeda dietro
questi attacchi…
R. – No, non c’è Al Qaeda, sono loro. C’è una lotta per il
potere – tra sciiti e sunniti – per il governo ed anche l’economia, un po’ tutto.
D.
– Quindi non solo per la spartizione confessionale dell’Iraq, ma anche proprio per
il petrolio, per il gas, per le ricchezze del Paese?
R. – Ambedue: c’è la confessione,
perché la religione gioca molto oggi, molto. Un po’ dappertutto c’è un risveglio
del sentimento religioso, ma anche il denaro, petrolio…
D. – Quindi lei parla
di attacchi trasversali, una violenza che riguarda e coinvolge tutti; però, è anche
vero che migliaia di sciiti si stavano riversando nella capitale in questi giorni,
proprio in vista venerdì della commemorazione della morte dell’Imam Al Kadhim, quindi
sicuramente erano un bersaglio facile…
R. – E’ vero che è un’occasione per
alcuni che non vogliono gli sciiti, e che ne approfittano per attaccarli, ma tutto
è politicizzato.
D. - Come sta vivendo la Chiesa questi attacchi, questa giornata
di terrore e soprattutto cosa si pensa di fare?
R. – Noi cosa possiamo fare?
uno dei nostri è stato ferito nell’esplosione di stamattina, sono andata a trrovarlo
e sta bene. Noi chiediamo sempre a tutti di dialogare, per risolvere i problemi, ma
i problemi non dipendono da Kirkuk o Musul – la lotta è fra loro – ma non solo all’interno
dell’Iraq, anche tutta la regione del Medio Oriente.
D. – Invece la popolazione:
lei ha detto che è andata a visitare uno dei suoi. Ha visto gente fuggire, la popolazione
è spaventata?
R. – Molto, molto, noi abbiamo paura che la gente cominci a partire.
La gente ha paura e perde la fiducia.
D. – C’è qualcosa che vuole dire anche
alle autorità, a chi governa?
R. – Bisogna parlare con il governo, con i deputati
del Parlamento, con questi grandi partiti politici, che con la violenza e le minacce
non ci sarà soluzione. Meglio dialogare e discutere direttamente insieme e non tramite
altri, e poi non lasciare intervenire queste potenze regionali.