2012-06-12 16:25:32

Esodati, il ministro Fornero attacca l'Inps: sono cifre per danneggiare il governo


Un documento parziale, non spiegato, diffuso per danneggiare il governo. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, con queste parole si scaglia contro l’Inps, dopo la sua relazione di ieri sul numero di esodati, secondo l’istituto pari a 390mila persone. “I vertici dell’ente di previdenza, aggiunge caustico il ministro, se fossimo nel privato sarebbero da rivedere”. Ma le polemiche in realtà piovono sulla stessa Fornero, che insiste nell’indicare la cifra di 65mila. I sindacati premono per una soluzione, la Cgil non esclude la possibilità di uno sciopero generale. Francesca Sabatinelli ha intervistato Maurizio Del Conte, docente di Diritto del Lavoro all’Università Bocconi di Milano: RealAudioMP3

R. - I 65 mila erano una cifra obiettivamente sottostimata fin dall’inizio: gli operatori sapevano che si sarebbero superati abbondantemente i 150 mila esodati. Peraltro è molto difficile calcolarli esattamente, perché tutte queste persone non sono state gestite unitariamente. Questi accordi si sono moltiplicati in tutte le aziende di Italia ed è quindi molto difficile avere un conteggio preciso. L’Inps riceve le comunicazioni di questi accordi, man mano che vengono fatti. Direi che già da qualche mese l’Inps segnalava che si sarebbe toccata almeno la cifra dei 200 mila.

D. - Prof. Dal Conte, i numeri del ministero - 65 mila - appaiono veramente ridicoli di fronte a questa cifra, eppure Elsa Fornero ha alzato molto la voce nei confronti dell’Inps. Le polemiche da parte del ministro sono fondate?

R. - Io credo che oggi non staremmo qui a fare alcuna polemica se il ministero avesse disegnato la norma in modo diverso, se invece di dire: “noi ci preoccupiamo degli esodati, ma soltanto entro un certo limite”, avesse detto: “noi ci preoccupiamo degli esodati e quindi quelli che sono noi li copriamo”. E’ evidente che se io pretendo di fare una copertura sulla base di numeri che, in qualche modo, mi dò da solo, ma che non corrispondono alla realtà, se questi numeri poi sono diversi, qualcuno deve pur assumersi la responsabilità. Ecco, io credo che il ministero si debba assumere le sue responsabilità!

D. - E quindi - a suo giudizio - è possibile una soluzione previdenziale per tutti i lavoratori coinvolti?

R. - Purtroppo la soluzione previdenziale è possibile soltanto se si tirano fuori le risorse finanziarie: non esiste altra alternativa. In buona sostanza, la cosa che si deve riconoscere a questi lavoratori è di godere delle regole di cui avrebbero goduto prima della riforma introdotta. Quindi io credo che per queste persone si dovranno trovare le risorse. Consideriamo anche che l’Inps, con questa riforma, otterrà un risparmio assai considerevole di spesa e mi sembra corretto che parte di questo risparmio vada anche a compensare queste situazioni, che sono di gravissimo disagio, perché dobbiamo considerare che si tratta di persone ormai fuori dalla possibilità di avere un posto di lavoro, persone che hanno una certa età, persone che probabilmente hanno anche dei carichi di famiglia, e la cui unica fonte di reddito o è la pensione oppure uno stipendio, che però non c’è più.

D. - Ma qual è stato l’errore iniziale, fondamentale?

R. - Secondo me si è trattato di un errore proprio di tecnica legislativa: se uno fa una norma, la cui operatività è subordinata alla presenza di fondi, peraltro non ben identificati, è chiaro che poi si rischia di trovarsi in una situazione di questo tipo. Se invece si dice: “Esiste un diritto per colui che ha firmato un accordo di esodo ad ottenere le prestazioni previdenziali così come erano al momento in cui ha firmato quell’accordo, questo diritto deve essere garantito a prescindere dal fatto che si siano previsti i fondi o no, altrimenti è un diritto condizionato. Finirà - purtroppo - che godranno di questo diritto soltanto quelli che arrivano prima: se davvero il limite posto dal ministero è 65 mila, i primi 65 mila saranno soddisfatti, ma quelli che vengono dopo “no”. Non mi sembra una soluzione equa!








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