Confartigianato: pressione fiscale troppo alta. Marino (Confcooperative): no alla
rassegnazione
Nel corso dell’assemblea della Confartigianato, il presidente Giorgio Guerrini ha
affermato che la pressione fiscale effettiva è al 53.7%. Guerrini ha poi chiesto al
governo di evitare la sindrome del declino e pensare allo sviluppo. Nei primi quattro
mesi del 2012 hanno reagito bene alla crisi le cooperative, che tengono per fatturato
e occupazione. Abbiamo sentito il presidente di Confcooperative Luigi Marino:
R.
- La ricetta è che in questi anni le cooperative hanno cercato di ristrutturarsi,
soprattutto le medie e grandi cooperative, e poi rispondono alla funzione sociale
delle cooperative: qualche utile in meno e degli occupati in più.
D. - Presidente,
oggi la Confartigianato, per esempio, ha detto che oggi in Italia la pressione fiscale
arriva al 53 per cento: anche per voi il prelievo fiscale è eccessivo?
R. -
Sì, noi siamo come le altre imprese e quindi la pressione fiscale è uguale a tutte
le aziende. Certamente - e non c’è bisogno che si ripeta o che si guardino tanto alle
tabelle, che ormai sono chiare - le tabelle internazionali portano l’Italia ad essere
uno dei Paesi con la maggiore imposizione fiscale, non la più alta, ma comunque tra
le maggiori. E’ chiaro che per lo sviluppo, come per la crescita, occorrerebbe minore
imposizione fiscale. Questo è oggettivamente oggi difficile da realizzare, se non
in piccole percentuali, perché la crisi della finanza pubblica impone altre ricette
per uscire dalla crisi e non solo quella dell’abbassamento delle tasse, che pare in
questo momento - ripeto - irrealistica.
D. - Lei ha detto: tante imprese cooperative
vanno bene, perché puntano sull’export. Ma per una ripresa duratura bisognerà anche
rilanciare i consumi interni, che attualmente sono molto bassi…
R. - Non c’è
dubbio! Questo però dipende da tanti fattori: anzitutto occorre fiducia, ma questo
Paese non ha più fiducia. C’è troppa rassegnazione in giro e troppa rassegnazione,
appunto, al peggio e la rassegnazione non comporta investimenti, non porta a spendere,
non porta a consumare, anche da parte di chi ha mantenuto gli stessi livelli di reddito
degli anni precedenti. Qui bisogna innestare un circolo virtuoso, che significa maggiori
investimenti, più produttività, aumento di ricchezza e più consumi. Fin quando noi
manterremo un apparato produttivo e uno Stato inefficiente e non più adeguato alla
competizione mondiale, sarà difficile oggettivamente creare fiducia.