2012-06-12 17:26:39

Confartigianato: pressione fiscale troppo alta. Marino (Confcooperative): no alla rassegnazione


Nel corso dell’assemblea della Confartigianato, il presidente Giorgio Guerrini ha affermato che la pressione fiscale effettiva è al 53.7%. Guerrini ha poi chiesto al governo di evitare la sindrome del declino e pensare allo sviluppo. Nei primi quattro mesi del 2012 hanno reagito bene alla crisi le cooperative, che tengono per fatturato e occupazione. Abbiamo sentito il presidente di Confcooperative Luigi Marino:

R. - La ricetta è che in questi anni le cooperative hanno cercato di ristrutturarsi, soprattutto le medie e grandi cooperative, e poi rispondono alla funzione sociale delle cooperative: qualche utile in meno e degli occupati in più.

D. - Presidente, oggi la Confartigianato, per esempio, ha detto che oggi in Italia la pressione fiscale arriva al 53 per cento: anche per voi il prelievo fiscale è eccessivo?

R. - Sì, noi siamo come le altre imprese e quindi la pressione fiscale è uguale a tutte le aziende. Certamente - e non c’è bisogno che si ripeta o che si guardino tanto alle tabelle, che ormai sono chiare - le tabelle internazionali portano l’Italia ad essere uno dei Paesi con la maggiore imposizione fiscale, non la più alta, ma comunque tra le maggiori. E’ chiaro che per lo sviluppo, come per la crescita, occorrerebbe minore imposizione fiscale. Questo è oggettivamente oggi difficile da realizzare, se non in piccole percentuali, perché la crisi della finanza pubblica impone altre ricette per uscire dalla crisi e non solo quella dell’abbassamento delle tasse, che pare in questo momento - ripeto - irrealistica.

D. - Lei ha detto: tante imprese cooperative vanno bene, perché puntano sull’export. Ma per una ripresa duratura bisognerà anche rilanciare i consumi interni, che attualmente sono molto bassi…

R. - Non c’è dubbio! Questo però dipende da tanti fattori: anzitutto occorre fiducia, ma questo Paese non ha più fiducia. C’è troppa rassegnazione in giro e troppa rassegnazione, appunto, al peggio e la rassegnazione non comporta investimenti, non porta a spendere, non porta a consumare, anche da parte di chi ha mantenuto gli stessi livelli di reddito degli anni precedenti. Qui bisogna innestare un circolo virtuoso, che significa maggiori investimenti, più produttività, aumento di ricchezza e più consumi. Fin quando noi manterremo un apparato produttivo e uno Stato inefficiente e non più adeguato alla competizione mondiale, sarà difficile oggettivamente creare fiducia.









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