2012-06-11 15:36:24

Siria: il nuovo capo dell'opposizione anti-Assad invoca defezioni e intervento internazionale


In Siria non si arresta la violenza. Ancora sotto bombardamento la città di Homs tutt’ora in mano ai rivoltosi, che sono riusciti a penetrare comunque nella provincia filo-Assad di Lattakia. L'Osservatorio siriano dei diritti umani denuncia che, in tre giorni, 83 civili sono morti a causa degli scontri, oltre 14mila dall'inizio della rivolta, 15 mesi fa. E mentre la Comunità Internazionale, sempre più allarmata, è divisa su un intervento militare, c’è la conferma che il capo della diplomazia russa, Serghiei Lavrov, si recherà dopodomani in Iran per discutere con i dirigenti del Paese anche della situazione in Siria. Intanto, il nuovo leader del Consiglio nazionale siriano, il curdo Abdel Basset Sayda, eletto ieri, chiede ai responsabili delle istituzioni di abbandonare il regime e invoca l’uso della forza da parte della Comunità Internazionale. Massimiliano Menichetti ha parlato del ruolo dei curdi e del neoeletto Sayda con Alberto Rosselli giornalista ed esperto dell’area:RealAudioMP3

R. – Il ruolo dei curdi è duplice, nel senso che si intreccia in qualche modo con quelli che sono i rapporti fra Siria e Turchia, e sono circa un milione i residenti sul territorio siriano, quindi una presenza del 10% della popolazione. Sayda è un esponente che ha avuto dei rapporti piuttosto duri con i regimi siriani, in quanto è stato in esilio in Svezia diversi anni. Si appellerà in qualche modo agli organismi internazionali, ma ha anche aggiunto che sarà una sua priorità quella di intraprendere colloqui con altre figure dell’opposizione curda - che è molto variegata, - per includerle nel Consiglio nazionale siriano (Cns).

D. – Cns, che al proprio interno non ha proprio una situazione stabile…

R. – E’ accusato da molti curdi di essere praticamente dominato dalla fazione islamica filo-turca, e sappiamo anche che tra gli 11 partiti curdi - che non hanno aderito al Consiglio nazionale siriano, una piattaforma fatta praticamente in Turchia - c’è anche il cosiddetto Pyd – sezione siriana del Pkk - che è il partito dei lavoratori del Kurdistan. Il problema è la variabile Pkk: è considerata un’organizzazione terroristica, come si sa in Turchia e non accetta alcuna forma di collaborazione con Ankara.

D. – Se da una parte i curdi vivono questa frammentarietà, dall’altra Damasco ha giocato una carta di alleggerimento.

R. – Damasco ha alleggerito leggermente la mano su quella che è la minoranza curda - residente nella zona nordorientale - nonostante ci siano stati attentati e via dicendo. Ma questo fa parte anche un po’ di questo gioco a scacchi, che c’è fra la Siria e la Turchia. Diciamo che i rapporti fra i curdi delle varie fazioni, sia quelle che hanno aderito al Cns, sia quelle che sono rimaste fuori dal Cns, dipendono anche in qualche maniera, o si intrecciano, nei rapporti fra Damasco ed Ankara. E’ una situazione estremamente complicata.

D. – Questa situazione, in estrema evoluzione, potrebbe portare anche ad ulteriori spezzettamenti sul fronte curdo?

R. – Il frazionamento è già avvenuto con la nuova adesione degli 11 partiti curdi al Cns. Potrebbe avvenire un’ulteriore spaccatura, all’interno degli 11 partiti che non hanno aderito al Cns, in merito ad un possibile ricucire dei rapporti con il nuovo neo eletto, che sta facendo un lavoro - pare in queste ultime ore - di ricucitura, anche con gli esponenti dei partiti che non hanno aderito.

D. – Nei confronti del regime Assad; Sayda ha preso una posizione abbastanza netta: da una parte chiede defezioni, chiede di lasciare Assad solo, dall’altra invoca nella comunità internazionale, un’azione di fatto che metta in campo la forza. Sarà poi verosimile un intervento armato?

R. – Un intervento armato lo reputo abbastanza remoto per il momento: nessuno vuole "scottarsi le dita" in Medio Oriente: né gli Stati Uniti, né la Russia, né la Cina e neanche lo stesso Israele. Io credo che in questo momento gli analisti di questi Paesi stiano studiando abbastanza al microscopio quella che è la situazione, cercando di trovare un bandolo della matassa che possa evitare un intervento. Certo è che se dovessero scoppiare di nuovo delle repressioni, come la violenza degli ultimi mesi, la Comunità Internazionale in Siria dovrà fare qualcosa. Lì bisogna vedere quale sarà il ruolo che vorrà ogni singola potenza, che è in qualche modo interessata all’arena mediorientale e quale rischio vorrà anche accollarsi. E’ una situazione immobile e bisognerà attendere le prossime settimane per vedere uno spiraglio, posto che ci sia uno spiraglio.







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