Padre Lombardi: Chiesa e presenza eucaristica per tutti
Essere consapevoli di essere in piena comunione con la Chiesa pur senza ricevere sacramentalmente
l’ostia. A prima vista, secondo il comune sentire, ciò appare come una contraddizione.
Non è così e Benedetto XVI lo ha spiegato pochi giorni fa, durante l’Incontro mondiale
delle famiglie a Milano, affrontando in particolare la delicata questione dei divorziati
risposati. Nel suo editoriale per il settimanale d’informazione “Octava dies” del
centro Televisivo Vaticano, padre Federico Lombardi riflette su questo aspetto:
In occasione
del Corpus Domini il Papa ha ripreso un tema caratteristico del suo magistero
sul culto eucaristico: la complementarità della celebrazione della Messa e dell’adorazione.
Un’accentuazione eccessiva, per non dire esclusiva, della celebrazione eucaristica
a scapito della dimensione e del tempo effettivamente dedicato all’adorazione porta
a non comprendere più e a non percepire la presenza viva del Signore nel Sacramento
eucaristico anche fuori della Messa e forse anche il significato spirituale e la ricchezza
della stessa celebrazione della Messa.
Ora, cogliere questa presenza nella
sua verità e nella sua realtà è fondamentale per la vita cristiana. Mi sono tornate
spontaneamente alla mente le parole intense che il Papa ha detto pochi giorni fa durante
la veglia festosa con le famiglie a Milano, parlando alle persone che non possono
ricevere la comunione perché si trovano in situazione matrimoniale irregolare. Diceva:
“E’ molto importante che sentano che l’Eucarestia è vera e partecipata se realmente
entrano in comunione con il Corpo di Cristo. Anche senza la ricezione ‘corporale’
del Sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo Corpo”. Già,
perché il suo Corpo non è solo l’ostia consacrata, ma la comunità della Chiesa… Invitare
alla comunione “spirituale” quando non è possibile quella “corporale”, non è voler
dare un’ingannevole consolazione, ma è allargare e approfondire le dimensioni della
vita nella fede e nella comunità di fede. Solo così anche quell’altra parola del Papa
a Milano – a prima vista un po’ misteriosa – può trovare il suo senso: la sofferenza
di chi è privo della comunione sacramentale, se accettata interiormente come prezzo
della testimonianza comune che i credenti devono dare al valore della stabilità dell’amore
matrimoniale sacramentale, “è un dono per la Chiesa”. Sì, perché non è “fuori” della
comunità, ma “pienamente dentro”, nel suo cuore, con un desiderio forse ancora accresciuto
da un’esperienza di privazione.