Pakistan: dopo l'attentato a Quetta la Chiesa chiede pace e fine della violenza
Una bomba è esplosa ieri davanti al cancello di una scuola religiosa islamica (madrasa)
a Quetta, capitale delle provincia pakistana del Beluchistan. Il bilancio della potente
deflagrazione è di 15 morti e 51 feriti, fra i quali diversi giovani studenti e alcuni
bambini, trasportati negli ospedali della città. “La violenza settaria e il terrorismo
imperversano. Condanniamo tali azioni che uccidono innocenti e hanno un assoluto disprezzo
della vita umana. Come cristiani continuiamo a chiedere la fine della violenza” ha
commentato in un colloquio con l’agenzia Fides padre Inayat Gill, pro-vicario apostolico
di Quetta. “E' urgente ristabilire il pieno rispetto della dignità e dei diritti umani
in questa provincia, dove il contesto sociale e politico è così difficile e delicato”
ha aggiunto il pro-vicario. “Ogni domenica preghiamo intensamente per la pace e la
giustizia”. La provincia del Beluchistan è da mesi al centro del dibattito politico
nazionale, in quanto vi si registra una violenza settaria che negli ultimi anni ha
causato oltre 550 atti terroristici, mentre oltre 100.000 persone hanno abbandonato
la provincia a causa di insicurezza e disordini. La violenza è di carattere sociale
e politico e tocca il rapporto fra la comunità maggioritaria, i beluci musulmani sunniti,
e quella minoritaria, gli hazara di religione musulmana sciita. Inoltre da circa 40
anni nella provincia, ricchissima di risorse naturali, è attiva una guerriglia indipendentista,
a cui il governo risponde con un massiccio stanziamento di militari, i “Frontier Corps”.
I cristiani nel distretto di Quetta sono, nel complesso circa 70mila, fra i quali
circa 40mila cattolici, perlopiù immigrati da altre aree del Paese. La comunità cristiana,
generalmente, non è coinvolta nè toccata dalla violenza. (R.P.)