Obama all'Europa: agisca subito per uscire dalla crisi. Buio sugli aiuti alla Spagna
Da Washington nuovo monito all’Europa. Nel discorso del venerdì il presidente Obama
ha chiesto ai leader dell’Ue di agire subito per risolvere la crisi dell'Eurozona:
E’ intanto mistero sulla possibile richiesta di aiuti della Spagna. LauraSerassio:
Ancora
un incitamento ad agire subito per bloccare la crisi economica. Oltreoceano l’Europa
preoccupa: “si rischia una nuova recessione” sostiene il presidente americano Barack
Obama, che si dice però fiducioso sui partner europei: “hanno capito la serietà della
situazione, le sfide sono risolvibili e l’America è al loro fianco”. Per Obama la
chiave è il rafforzamento del settore bancario, iniettando capitale nelle banche indebolite:
i leader europei, dice, ne stanno discutendo e sono sulla strada giusta. La ricetta
è duplice: le riforme strutturali e il consolidamento dei bilanci avranno effetto
a lungo termine, ma nel breve periodo l’obiettivo è la crescita. Che Atene resti nell’euro,
poi, è nell’ “interesse di tutti”, ma i greci devono riconoscere che uscendo dalla
moneta unica le loro difficoltà aumenterebbero. Bene le necessarie riforme adottate
da Italia e Spagna, che hanno però bisogno di tempo per dare i loro frutti, e quindi
“basta tagli” per sostenere il consumo e non vanificare gli sforzi fatti. Si evolve
rapidamente, intanto, la crisi bancaria spagnola: nonostante le smentite ufficiali,
domani Madrid potrebbe richiedere il prestito ai partner dell’Eurogruppo. Anche se
per ora non è stato chiesto nessun aiuto: lo ha confermato la Cancelliera tedesca,
Angela Merkel, ribadendo “nessuna pressione di Berlino perché il Paese accetti un
sostegno”.
La Spagna dunque dovrebbe presentare una richiesta di aiuti all'Ue
nel corso del fine settimana. E' quanto scrive l'agenzia Reuters citando fonti europee.
Ieri sera era arrivata per Madrid la doccia fredda del declassamento da parte dell’agenzia
di rating Fitch di ben tre livelli. La necessità della Spagna di ricorrere ad aiuti
Ue è legata alla crisi del settore bancario e all'esigenza di ricapitalizzare diversi
istituti, tra cui Bankia, per un fabbisogno totale stimato tra i 50 e i 100 miliardi
di euro. Proprio del ruolo delle banche nella crisi FaustaSperanza
ha parlato con l’economista PaoloGuerrieri, docente di Economia internazionale
all’Università La Sapienza di Roma:
R. – La crisi
europea è nata dalle banche. La crisi europea è nata con un enorme indebitamento dei
privati che le banche - tutte le banche, quelle della Germania, della Francia, della
Spagna – in qualche modo hanno favorito. Il dissesto bancario si è poi tramutato in
un dissesto dei conti pubblici e lì è nata questa crisi gemella, nel senso che la
crisi dei debiti sovrani aggrava quella delle banche e quella delle banche aggrava
quella dei debiti sovrani. Bisogna intervenire, naturalmente, facendo in modo che
i costi del dissesto bancario non siano addossati ai contribuenti, siano essi spagnoli
o siano essi europei. Ma per questo ci vorrebbe in qualche modo un meccanismo europeo
che ripartisse costi e, quindi, anche un aggiustamento. Da quello che si capisce,
l’intervento che si metterà in piedi per la Spagna sarà il solito, quello di dare
dei soldi ad un Paese - la Spagna in questo caso e si parla di 50, 80 miliardi di
euro – e alla fine sarà il Paese a doversi far carico in qualche modo di questa ristrutturazione,
addossandola ai contribuenti. Non si va da nessuna parte in questo modo: si guadagna
un altro po’ di tempo, per ritrovarsi con i problemi di sempre.
D. – Con uno
sguardo proprio più a lungo termine, si dice da più parti che ci vuole un’unione che
sia più forte politicamente e poi un’unione bancaria e finanziaria. Finora abbiamo
avuto solo moneta unica senza politiche comuni. Cosa farebbe un’unione bancaria concretamente?
R.
– Un’unione bancaria innanzitutto significa guardare ai problemi delle banche oggi
in Europa, dei gruppi bancari, come ad un problema europeo. La dimensione di questi
gruppi va ben oltre le dimensioni di un singolo Paese; significa in qualche modo intervenire
nelle banche che sono praticamente, di fatto, fallite, non addossando i costi ai contribuenti,
ma facendoli poi pagare a chi quei debiti ha permesso che si accumulassero e fossero
soprattutto dei debiti inesigibili. Significherebbe quindi la possibilità di avere
tempo di una ristrutturazione fatta non per salvare la lobby finanziaria di un Paese,
ma per rimettere in piedi un efficiente sistema bancario europeo. E’ difficilissimo
perché le gelosie nazionali, ma soprattutto gli interessi delle lobby nazionali, finanziarie,
hanno di fatto finora impedito e continuano a impedire che si faccia questo passo
verso una maggiore integrazione sul piano del sistema bancario, che è fondamentale
però, perché siamo arrivati ormai all’ultima fase di una crisi che è peggiorata a
vista d’occhio e non troverà a breve una soluzione nei soliti modi di rimandare la
soluzione dei problemi.
D. – Di fronte a questa richiesta di un’unione bancaria,
il premier italiano Monti spinge; però, ha sottolineato: “definiamola unione finanziaria”.
Qual è la differenza?
R. – Innanzitutto c’è da stabilire un fatto: l’unione
bancaria non si realizza in una settimana. Qui è importante che ci sia una volontà
politica espressa, dichiarata, di voler arrivare ad un vero e proprio sistema bancario
e finanziario integrato. Il che significa naturalmente che il sistema bancario in
Europa fa parte dell’intermediazione finanziaria. E’ una parte importante, ma non
tutta. Allora significa sempre di più: abbiamo creato l’euro, abbiamo creato una sola
moneta, l’euro ha creato questo mercato finanziario europeo, che era molto integrato
fino alla crisi, e dobbiamo non solo salvaguardarlo, ma rafforzarlo. Parlare oggi
di un’unione finanziaria significa ad esempio evitare quello che sta succedendo: la
rinazionalizzazione dei mercati finanziari. Le banche italiane prestano i soldi ad
imprenditori italiani e così avviene in Germania e così avviene in Spagna e poi vengono
salvate. Quindi, il richiamo ad un’unione bancaria, ma in realtà ad un’unione finanziaria,
è questo: fermiamo questa rinazionalizzazione, dandoci naturalmente degli strumenti
di governo nel mercato finanziario europeo, altrimenti è un semplice auspicio che
lascerà il tempo che trova.