Incontro Merkel-Cameron: non solo disciplina di bilancio
Il fiscal compact, l'accordo europeo sulla disciplina di bilancio, non sarà sufficiente
per risolvere la crisi. Lo hanno affermato il premier britannico Cameron e la cancelliera
tedesca Merkel, nell’incontro ieri a Berlino in cui la Merkel si è impegnata ad utilizzare
tutti gli strumenti disponibili per stabilizzare l'eurozona. Il servizio di Fausta
Speranza:
La Merkel annuncia:
al prossimo vertice europeo di fine giugno presenterà ai 27 un piano di lavoro per
un'Unione più forte sul piano politico e su quello finanziario. Stessa lunghezza d’onda
per il premier italiano Monti che chiede un’Unione bancaria che – dice - dovrebbe
essere definita ‘unione finanziaria’. Ma precisa: ci vogliono gli eurobond. Della
necessità di un salto di qualità dell’Unione europea parla anche il presidente dell'Eurogruppo
Juncker, che poi guarda all’ultima emergenza e assicura: pronto l’aiuto alla Spagna
se necessario. Madrid è stata appena declassata di ben tre livelli dall'agenzia di
rating Fitch. Di Spagna si parlerà al prossimo Eurogruppo, il 21 giugno. Pochi giorni
prima, il 17, ci saranno le attese elezioni in Grecia. Due passaggi da attraversare
prima del cruciale vertice il 28 giugno.
Intanto, il presidente della Banca
centrale europea (Bce) assicura liquidità alle banche mentre gli Stati Uniti premono
perché l’Europa dia presto segnali forti di ripresa. Antonella Palermo neha parlato con Leonardo Becchetti, docente di Economia politica a Tor Vergata:
R. – Si aspettava
una riduzione dei tassi, ma giustamente Draghi ha detto che i tassi sono già molto
bassi e un’ulteriore riduzione non avrebbe particolari effetti. Inoltre, visto che
siamo già molto vicini allo zero, è importante avere delle “munizioni” ma non usarle,
piuttosto che usarle tutte in un momento che magari non è massimamente critico come
quello attuale. Penso quindi che questa sia stata una buona decisione. D’altra parte,
la Banca centrale europea, come ormai da tempo accade, sta svolgendo un’azione di
supplenza nei confronti delle amnesie e dei ritardi politici. Quindi, in mancanza
di regole per la supervisione bancaria europea, di una mossa verso l’integrazione
fiscale, è la Bce che deve intervenire per tenere buoni i mercati.
D. – Obama
ha invitato Monti, Cameron e la Merkel a fare presto sul piano “salva euro” in vista
del G20 messicano in programma il 18 e il 19 giugno, in modo che i leader europei
possano poi prendere decisioni definitive in occasione del Consiglio europeo di fine
mese. Come valutare questi pressing?
R. – Diciamo che solo nei momenti di grave
crisi ci si rende conto dell’importanza della cooperazione tra gli Stati e quindi
gli Stati Uniti sanno bene che, se ci fosse una crisi dell’euro, questo avrebbe delle
conseguenze piuttosto gravi anche su di loro. Fino ad oggi, gli Stati Uniti hanno
però anche beneficiato del fatto che i mercati abbiano puntato sulla debolezza dell’euro.
Sappiamo che in questo momento tutti i Paesi hanno dei debiti pubblici molto ampi
e il debito pubblico americano è più alto di quello complessivo dell’area euro: gli
americani sono quasi al 100 per 100 e noi siamo all’87 per cento. Questo vuol dire
che, se l’attenzione dei mercati è sul sud d’Europa, Germania e Stati Uniti possono
finanziare il loro debito a tassi più bassi. Però, è chiaro che una crisi che arriva
alle sue estreme conseguenze, a quel punto, avrebbe delle ripercussioni molto negative
anche sulla crescita americana, piuttosto fragile in questo momento.
D. –
Ma l’Europa riuscirà, di fatto, a salvare l’euro?
R. – Questa crisi ha messo
in luce quelle che sono le debolezze dell’Euro: un’unione solamente monetaria – di
una moneta unica, che era una grande promessa – senza che si siano aggiunte l’unione
fiscale e l’unione del sistema bancario. C’è bisogno di un passo avanti della politica,
che per ora stenta, e un passo avanti della politica, che vuol dire assumersi delle
responsabilità, creare dei rapporti fiduciari tra Paesi, con relativi costi e benefici.
La Germania, in particolare, deve decidersi a fare quello che ha fatto per i tedeschi
dell’Est. Negli Stati federali esistono relazioni fiduciarie di solidarietà, per cui
se degli Stati sono in surplus fanno dei trasferimenti agli Stati in deficit. Tutto
questo è normale. Bisogna vedere se siamo pronti e maturi per questo passo avanti
anche in Europa: anche se credo che non ci siano molto alternative, perché siamo veramente
tutti collegati e – come si dice – “simul stabunt, simul cadent “: o
andiamo avanti tutti insieme o cadiamo tutti insieme.