Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
Nella Solennità del Corpus Domini, la liturgia ci presenta il Vangelo dell’Ultima
Cena così come è raccontata da Marco. Gesù spezza il pane e lo distribuisce ai discepoli
dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi dà loro il calice:
“Questo
è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non
berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno
di Dio”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre
carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia
Università Gregoriana:
La Messa ci
è così familiare che a volte non ci rendiamo conto di quale mistero in essa si compia,
in questo “grande sacramento”, come diceva papa Woytila. La Messa è memoria e presenza,
alleanza e banchetto, sacrificio e epifania sempre nuovi. L’immensità del mistero
di Dio si fa corpo e sangue, si fa nutrimento e grazia, si fa morte e vita, per dare
a noi vita eterna. La preparazione della cena pasquale, come ce la racconta Marco,
in una stanza ampia e ben arredata, indica l’importanza centrale dei gesti che vi
si compiono. Anche il luogo collabora all’atmosfera di festa. Ma è in quelle parole
così dense di Gesù: “Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue dell’alleanza”,
che si deve cogliere il vertice. Corpo e sangue del Signore: un realismo che sconcerta;
ma anche un legame con tutti i corpi, le persone concrete, la realtà umana. La grazia
passa proprio attraverso il realismo di un corpo che si dona, di un vivere che si
fa abbraccio e servizio, attraverso fatti concreti e non solo parole. E noi ne facciamo
memoria non solo nel rito, ma nel nostro vivere, nel nostro amare, nel nostro risorgere
sempre da capo, nella nostra lotta alla tristezza, alla paura, alla morte. Perché
trionfino la vita e la solidarietà.