“Famiglia, Lavoro, Festa”. Alla fine è prevalsa la festa. E come popolo di festa,
gli africani non potevano mancare. Sono venuti numerosi: dal piccolo arcipelago di
São Tomé e Principe alla grande Repubblica Democratica del Congo, all’Angola, alla
Tanzania... Come tutte le persone che vi hanno preso parte, tornano a casa con il
cuore colmo di gioia e di speranza. E un’idea chiara: la festa come tutti gli ambiti
della vita deve essere programmata, orientata a rinforzare il dialogo, l’unione, la
comunione che Cristo ci ha insegnato, evitando discordie, sprechi, esagerazione. In
fondo, il VII Incontro Mondiale delle Famiglie, che ha riunito a Milano dal 31 maggio
al 3 giugno più di un milione di persone, è stato questo: una grande festa in cui
tra musiche e testimonianze si è riflettuto sui grandi problemi che inquietano oggi
la grande famiglia umana a partire della sua cellula fondamentale, le famiglie. Similitudine
e differenze sono stati messi a confronto in uno sforzo di diffusione su scala mondiale
dei valori positivi della famiglia che, nonostante la minaccia di globalizzazione
delle tendenze contrarie, sono ancora forti. L’Africa, “polmone spirituale del mondo”,
come l’ha definita Benedetto XVI, ha molto da dare anche in quest’ambito. Il modello
di famiglia allargata che ancora prevale, in cui tutti sono accolti e il pane viene
condiviso, può servire da esempio a quelle aree del mondo dove impera invece l’individualismo
e la famiglia nucleare. Ma come in ogni “incontro del dare e del ricevere” che si
rispetti, anche l’Africa deve stare attenta a non soffocare troppo la piccola famiglia
in favore della grande. In questo può forse imparare qualcosa da chi da tempo porta
avanti il modello di famiglia nucleare. Il lavoro, il problema è generale: disoccupazione,
insicurezza, salari bassi… Basta pensare alla testimonianza che la famiglia Paleologos
ha sottomesso al Papa. Il loro Paese, la Grecia, è sull’orlo dell’abisso economico/finanziario.
C’è voluto il FMI e tutto lo sforzo dell’UE per tentare il salvataggio. E non è ancora
affatto fuori pericolo. L’Africa ha conosciuto per decenni la mano ferrea del FMI.
E ha ancora le ferite aperte. L’ha salvata dalla morte l’economia informale di cui
le donne sono state grandi protagoniste. Era, è, la cosiddetta economia “informale”,
tollerata dai governi africani, malvista dal FMI. Qui in Occidente si chiama “precarietà”,
“co.co.co.”. Qualunque ne sia il nome, l’Africa, dice un prelato africano venuto all’incontro
di Milano, ha esperienza da condividere in questo ambito. Anche perché in essa regna
ancora lo spirito di solidarietà, di creatività… Elementi emersi da quest’incontro
internazionale delle famiglie come vie per fronteggiare i problemi di lavoro e di
economia nel mondo. Il Papa ha suggerito un rinforzo e l’innovazione dei gemellaggi
tra famiglie, città, parrocchie… Ma non ha omesso di ricordare ai politici che non
devono promettere ciò che non possono dare e soprattutto che governare richiede spirito
di giustizia e di responsabilità, proprio come insegnava il patrono di Milano, Sant’Ambrogio.
L’economia, si è detto, non deve essere una forma di lucro fine a se stesso. Deve,
invece, portare ad un sano benessere della persona. Tutto ciò richiede politiche serie
per le famiglie. La strada da percorrere in questa direzione è ancora lunga ma, anche
in questo, l’incontro di Milano è stato una profezia della speranza.
Diverse
conferenze episcopali hanno invitato i ministri della famiglia dei loro rispettivi
Stati a partecipare. E alcuni hanno risposto positivamente. Per limitarci all’Africa,
da Capo Verde è venuto il Segretario Esecutivo del Ministero preposto alla famiglia;
la Ministra angolana della Famiglia e Promozione della Donna è stata per tutta la
durata dell’incontro con i suoi circa 150 concittadini presenti e i tre vescovi che
li hanno accompagnati. Impegnata in un triennio di intensificazione della pastorale
familiare (2011-2013), la Conferenza Episcopale dell’Angola apprezza molto lo sforzo
dello Stato nella ricostruzione del tessuto familiare, lacerato da 40 anni di guerra
e minacciato dai controvalori culturali dei tempi presenti. Insomma, una speranza
che le politiche statali non si discostino troppo dalle preoccupazioni della Chiesa
verso la famiglia e mettano al centro la difesa della vita e del bene comune; cioè,
la famiglia vista come “chiesa domestica” e punto di partenza per la costruzione della
Chiesa “Famiglia di Dio”. Questo concetto antico nella Chiesa universale, ma ripreso
e rilanciato dal Sinodo per l’Africa del 1994, potrà concretizzarsi solo se la “chiesa
domestica” sarà realmente tale, cioè un luogo di costruzione della giustizia, della
riconciliazione, della pace, di preghiera, ha ribadito nel 2009 il secondo sinodo
per l’Africa, di cui “Africae Munus” è il documento finale emanato dal Papa.
Fede
e preghiera come linfa per superare tutti i problemi che attanagliano la famiglia
è stata l’altra certezza che gli africani hanno portato all’incontro di Milano e riportato
a casa in una versione ancora più solida, convinti che anche se i tempi e le culture
cambiano, l’amore, la comprensione, l’unità, di cui la Famiglia di Nazareth è l’esempio
per eccellenza, restano sempre validi anche se i tempi e le culture cambiano. Benedetto
XVI ha ribadito la sacralità e l’indissolubilità del matrimonio, inteso come unione
di una donna e un uomo e orientato alla procreazione come unico modello di famiglia,
capace di garantire una crescita sana della società. Il “sì per sempre” tra gli sposi
rimane quindi incontornabile e va sempre alimentato con l’amore e il discernimento,
ha fatto capire nella risposta ai fidanzati malgasci che hanno detto di guardare a
tale espressione con fascino e paura.
L’Africa era dunque al completo nella
festa delle famiglie. Anche la sua diaspora ha mostrato il volto creativo, aperto,
solidale di questo continente: tra i 6 mila volontari, molti erano africani del Kenia,
del Ruanda… residenti nella grande Milano. Come loro anche i gruppi africani di musica
“Sahuti Wa Africa” e “Elikia” selezionati per la serata al parco di Bresso. Per loro
la musica intrisa di fede è una forma di interazione con altri immigrati e con il
tessuto sociale italiano, ma anche per fare conoscere i valori più belli del loro
continente di origine. Nella stessa scia di comunione e solidarietà si iscrive l’arte
musicale di Saba Anglana, Dudu Mahenga, o Fifito, anche loro africani, diaspora e
non, saliti su quel palco, da cui il mondo delle famiglie si è unito al Papa nella
solidarietà verso i terremotati dell’Emilia Romagna, simbolo immediato di una solidarietà
verso chi soffre, sia esso vicino o lontano. Nessuno è immune dalla sofferenza, ma
questo non deve impedire di esprimere la propria fraternità e aiuto all’altro, immagine
di un Dio vicino, di quel Dio che ha sofferto con noi e per noi – ha ricordato Benedetto
XVI nel concerto Alla Scala. Lì ha tuonato l’Inno alla Gioia di Shiller, musicato
da Beethoven - un altro momento forte della Festa della Famiglia che ha visto mani,
cuori, intelletti di tutto il mondo unirsi gioiosi per cercare soluzione ai problemi
dell’umanità. Una dimostrazione che, nonostante i canottieri che remano contro, la
Famiglia resta solida e costituisce la speranza di una “ecologia umana”. Un altro
segno positivo, l’accoglienza delle famiglie di Milano alle famiglie venute da lontano.
Insomma, una profezia della speranza per la famiglia in sé stessa e con lei l’umanità
intera, in cui la vita, l’Eucaristia sono sempre segni, motivi e concretezza allo
stesso tempo, della festa.
A cura di Maria Dulce Araujo,
programma portoghese per l’Africa.