Cuamm-Medici per l'Africa e il progetto della sanità in Mozambico
In Mozambico, da circa dieci anni, l’organizzazione non governativa italiana "Cuamm
- Medici con l’Africa" contribuisce a formare gli studenti di medicina dell’Università
Cattolica di Beira, nel nord del Paese. A descrivere la nascita e l’importanza di
questa iniziativa è, nell’intervista di Davide Maggiore, il dottor Fabio
Manenti, responsabile del settore progetti del Cuamm:
R. – Il progetto
di sostegno all’Università cattolica di Beira nasce da uno dei maggiori problemi dei
sistemi sanitari di questi Paesi e, in particolare, del Mozambico. Quest’ultimo è
il Paese che ha il minor numero di medici tra tutti i Paesi dell’Africa subsahariana:
si parla di un medico ogni 50 mila abitanti. Per cui l’Università cattolica - nata
agli inizi del 2000 – dal 2002-2003 è stata supportata da Medici con l’Africa Cuamm,
con la messa a disposizione quindi del nostro personale: in media c’erano almeno quattro
medici che si sono occupati di formazione direttamente in Università, per i primi
quattro anni di corso, e a fare il tirocinio pratico previsto negli ultimi due anni
presso l’ospedale centrale di Beira.
D. – Quali sono stati i risultati del
progetto nel corso di questi anni e che bilancio se ne può tracciare?
R. –
Dal 2007, il numero di medici "prodotto" dall’Università cattolica del Mozambico è
stato di circa 140, quando il numero di partenza, nel 2007, era di 500 medici per
tutto il Mozambico. I primi laureati, 25 nell’anno 2007, cominciano ormai a diventare
dei quadri sanitari del Paese, figure che erano praticamente assenti o comunque molto
scarse e soprattutto concentrate nella regione sud, in particolare nella città di
Maputo.
D. – Qual è la situazione in cui deve operare il personale che viene
formato?
R. – L’Università cattolica, in realtà, non ha formato solo medici:
c’è stata anche la formazione degli infermieri che è andata di pari passo con quella
dei medici. Questi medici si sono trovati a dover gestire o aprire nuovi ospedali
e nuovi presidi sanitari, anche con un certo numero di personale infermieristico e
con tutte le difficoltà del caso, con una carenza di risorse umane che rimane. Direi,
però, che nel corso del tempo – e soprattutto negli ultimi anni – la situazione è
andata via via migliorando. Il Mozambico resta ancora povero da un punto di vista
di risorse per i farmaci, come anche per quanto riguarda le infrastrutture. Inoltre,
l’Aids è particolarmente grave in questo Paese, cosa che va a determinare una serie
di problematiche e di patologie che appesantiscono ulteriormente la capacità, da parte
del sistema sanitario, di rispondere in modo adeguato alle esigenze della salute.
D.
– In questo senso, il progetto del Cuamm a Beira non punta sulla soluzione di una
singola emergenza ma, al contrario, mira alla formazione, guardando quindi al futuro...
R.
– Questa è sicuramente la sfida più grande, però resta l’unica soluzione percorribile.
Se vogliamo garantire una sostenibilità futura, questa deve passare non soltanto attraverso
risorse economico-finanziarie ma dalla crescita delle risorse umane disponibili nel
Paese.
D. – Lo scorso 12 maggio era presente, a Beira, alle cerimonie di laurea.
Che testimonianza può portare?
R. – La cosa più emozionante era vedere questi
studenti, ormai neo-dottori, veramente entusiasti per quello che avevano raggiunto.
Per chi conosce le difficoltà che può incontrare uno studente in quegli ambienti -
dal reperire un libro di testo come anche solo una dispensa, all’avere anche semplicemente
la luce per poter studiare la sera - vedere come, dopo quei sei anni di sforzi certamente
enormi, e seminando piano piano, si possa davvero ottenere un risultato, è un qualcosa
che serve per continuare ad andare avanti, anche se sappiamo di essere soltanto l’inizio.