L'amore è l'unica forza che trasforma il mondo: così il Papa a un milione di fedeli
nella Messa per le famiglie
Più di un milione di fedeli hanno partecipato stamani alla Messa presieduta dal Papa
nel Parco di Bresso a Milano, in occasione del settimo Incontro mondiale delle famiglie.
Nell’omelia, Benedetto XVI ha affermato che l’odierna solennità della Santissima Trinità
“ci invita a contemplare questo mistero, ma ci spinge anche all’impegno di vivere
la comunione con Dio e tra noi sul modello di quella trinitaria. Siamo chiamati ad
accogliere e trasmettere concordi le verità della fede; a vivere l’amore reciproco
e verso tutti, condividendo gioie e sofferenze, imparando a chiedere e concedere il
perdono, valorizzando i diversi carismi sotto la guida dei Pastori. In una parola,
ci è affidato il compito di edificare comunità ecclesiali che siano sempre più famiglia,
capaci di riflettere la bellezza della Trinità e di evangelizzare non solo con la
parola, ma direi per «irradiazione», con la forza dell’amore vissuto”.
“Chiamata
ad essere immagine del Dio Unico in Tre Persone – ha aggiunto - non è solo la Chiesa,
ma anche la famiglia, fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna”. “L’amore – ha
sottolineato - è ciò che fa della persona umana l’autentica immagine di Dio. Cari
sposi, nel vivere il matrimonio voi non vi donate qualche cosa o qualche attività,
ma la vita intera. E il vostro amore è fecondo innanzitutto per voi stessi, perché
desiderate e realizzate il bene l’uno dell’altro, sperimentando la gioia del ricevere
e del dare”. Il Papa ha quindi esortato gli sposi ad avere cura dei figli: “in un
mondo dominato dalla tecnica, trasmettete loro, con serenità e fiducia, le ragioni
del vivere, la forza della fede, prospettando loro mete alte e sostenendoli nelle
fragilità”. “La vostra vocazione – ha proseguito - non è facile da vivere, specialmente
oggi, ma quella dell’amore è una realtà meravigliosa, è l’unica forza che può veramente
trasformare il mondo”.
Il Papa si è poi rivolto “anche ai fedeli che, pur condividendo
gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose
di fallimento e di separazione. Sappiate – ha detto - che il Papa e la Chiesa vi sostengono
nella vostra sofferenza e fatica. Vi incoraggio a rimanere uniti alle vostre comunità,
mentre auspico che le diocesi realizzino adeguate iniziative di accoglienza e vicinanza”.
Si
è poi soffermato sul lavoro. “Noi vediamo che, nelle moderne teorie economiche, prevale
spesso una concezione utilitaristica del lavoro, della produzione e del mercato. Il
progetto di Dio e la stessa esperienza mostrano, però, che non è la logica unilaterale
dell’utile proprio e del massimo profitto quella che può concorrere ad uno sviluppo
armonico, al bene della famiglia e ad edificare una società più giusta, perché porta
con sé concorrenza esasperata, forti disuguaglianze, degrado dell’ambiente, corsa
ai consumi, disagio nelle famiglie. Anzi, la mentalità utilitaristica tende ad estendersi
anche alle relazioni interpersonali e familiari, riducendole a convergenze precarie
di interessi individuali e minando la solidità del tessuto sociale”.
Ha quindi
rilevato che “l’uomo, in quanto immagine di Dio, è chiamato anche al riposo e alla
festa”. La Domenica, giorno del Signore – ha ribadito – è anche “il giorno dell’uomo
e dei suoi valori: convivialità, amicizia, solidarietà, cultura, contatto con la natura,
gioco, sport. E’ il giorno della famiglia, nel quale vivere assieme il senso della
festa, dell’incontro, della condivisione, anche nella partecipazione alla Santa Messa.
Care famiglie, pur nei ritmi serrati della nostra epoca, non perdete il senso del
giorno del Signore! E’ come l’oasi in cui fermarsi per assaporare la gioia dell’incontro
e dissetare la nostra sete di Dio”.
Quindi ha concluso: “Famiglia, lavoro,
festa: tre doni di Dio, tre dimensioni della nostra esistenza che devono trovare un
armonico equilibrio. Armonizzare i tempi del lavoro e le esigenze della famiglia,
la professione e la maternità, il lavoro e la festa, è importante per costruire società
dal volto umano. In questo privilegiate sempre la logica dell’essere rispetto a quella
dell’avere: la prima costruisce, la seconda finisce per distruggere”.
All’Angelus
il Papa ha quindi annunciato che il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie avrà
luogo nel 2015, a Filadelfia, negli Stati Uniti d’America. Infine è stato reso
noto che Benedetto XVI ha messo a disposizione per le zone terremotate un altro aiuto
di 500mila euro.
Di seguito il testo integrale dell’omelia:
Venerati
Fratelli, Illustri Autorità, Cari fratelli e sorelle!
E’ un grande momento
di gioia e di comunione quello che viviamo questa mattina, celebrando il Sacrificio
eucaristico. Una grande assemblea, riunita con il Successore di Pietro, formata da
fedeli provenienti da molte nazioni. Essa offre un’immagine espressiva della Chiesa,
una e universale, fondata da Cristo e frutto di quella missione, che, come abbiamo
ascoltato nel Vangelo, Gesù ha affidato ai suoi Apostoli: andare e fare discepoli
tutti i popoli, «battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»
(Mt 28,18-19). Saluto con affetto e riconoscenza il Cardinale Angelo Scola, Arcivescovo
di Milano, e il Cardinale Ennio Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio per
la Famiglia, principali artefici di questo VII Incontro Mondiale delle Famiglie, come
pure i loro Collaboratori, i Vescovi Ausiliari di Milano e gli altri Presuli. Sono
lieto di salutare tutte le Autorità presenti. E il mio abbraccio caloroso va oggi
soprattutto a voi, care famiglie! Grazie della vostra partecipazione!
Nella
seconda Lettura, l’apostolo Paolo ci ha ricordato che nel Battesimo abbiamo ricevuto
lo Spirito Santo, il quale ci unisce a Cristo come fratelli e ci relaziona al Padre
come figli, così che possiamo gridare: «Abbà! Padre!» (cfr Rm 8,15.17). In quel momento
ci è stato donato un germe di vita nuova, divina, da far crescere fino al compimento
definitivo nella gloria celeste; siamo diventati membri della Chiesa, la famiglia
di Dio, «sacrarium Trinitatis» – la definisce sant’Ambrogio –, «popolo che – come
insegna il Concilio Vaticano II – deriva la sua unità dall’unità del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo» (Cost. Lumen gentium, 4). La solennità liturgica della Santissima
Trinità, che oggi celebriamo, ci invita a contemplare questo mistero, ma ci spinge
anche all’impegno di vivere la comunione con Dio e tra noi sul modello di quella trinitaria.
Siamo chiamati ad accogliere e trasmettere concordi le verità della fede; a vivere
l’amore reciproco e verso tutti, condividendo gioie e sofferenze, imparando a chiedere
e concedere il perdono, valorizzando i diversi carismi sotto la guida dei Pastori.
In una parola, ci è affidato il compito di edificare comunità ecclesiali che siano
sempre più famiglia, capaci di riflettere la bellezza della Trinità e di evangelizzare
non solo con la parola, ma direi per «irradiazione», con la forza dell’amore vissuto.
Chiamata
ad essere immagine del Dio Unico in Tre Persone non è solo la Chiesa, ma anche la
famiglia, fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna. In principio, infatti, «Dio
creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò.
Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi» (Gen 1,27-28). Dio
ha creato l’essere umano maschio e femmina, con pari dignità, ma anche con proprie
e complementari caratteristiche, perché i due fossero dono l’uno per l’altro, si valorizzassero
reciprocamente e realizzassero una comunità di amore e di vita. L’amore è ciò che
fa della persona umana l’autentica immagine di Dio. Cari sposi, nel vivere il matrimonio
voi non vi donate qualche cosa o qualche attività, ma la vita intera. E il vostro
amore è fecondo innanzitutto per voi stessi, perché desiderate e realizzate il bene
l’uno dell’altro, sperimentando la gioia del ricevere e del dare. E’ fecondo poi nella
procreazione, generosa e responsabile, dei figli, nella cura premurosa per essi e
nell’educazione attenta e sapiente. E’ fecondo infine per la società, perché il vissuto
familiare è la prima e insostituibile scuola delle virtù sociali, come il rispetto
delle persone, la gratuità, la fiducia, la responsabilità, la solidarietà, la cooperazione.
Cari sposi, abbiate cura dei vostri figli e, in un mondo dominato dalla tecnica, trasmettete
loro, con serenità e fiducia, le ragioni del vivere, la forza della fede, prospettando
loro mete alte e sostenendoli nelle fragilità. Ma anche voi figli, sappiate mantenere
sempre un rapporto di profondo affetto e di premurosa cura verso i vostri genitori,
e anche le relazioni tra fratelli e sorelle siano opportunità per crescere nell’amore.
Il
progetto di Dio sulla coppia umana trova la sua pienezza in Gesù Cristo, che ha elevato
il matrimonio a Sacramento. Cari sposi, con uno speciale dono dello Spirito Santo,
Cristo vi fa partecipare al suo amore sponsale, rendendovi segno del suo amore per
la Chiesa: un amore fedele e totale. Se sapete accogliere questo dono, rinnovando
ogni giorno, con fede, il vostro «sì», con la forza che viene dalla grazia del Sacramento,
anche la vostra famiglia vivrà dell’amore di Dio, sul modello della Santa Famiglia
di Nazaret. Care famiglie, chiedete spesso, nella preghiera, l’aiuto della Vergine
Maria e di san Giuseppe, perché vi insegnino ad accogliere l’amore di Dio come essi
lo hanno accolto. La vostra vocazione non è facile da vivere, specialmente oggi, ma
quella dell’amore è una realtà meravigliosa, è l’unica forza che può veramente trasformare
il mondo. Davanti a voi avete la testimonianza di tante famiglie, che indicano le
vie per crescere nell’amore: mantenere un costante rapporto con Dio e partecipare
alla vita ecclesiale, coltivare il dialogo, rispettare il punto di vista dell’altro,
essere pronti al servizio, essere pazienti con i difetti altrui, saper perdonare e
chiedere perdono, superare con intelligenza e umiltà gli eventuali conflitti, concordare
gli orientamenti educativi, essere aperti alle altre famiglie, attenti ai poveri,
responsabili nella società civile. Sono tutti elementi che costruiscono la famiglia.
Viveteli con coraggio, certi che, nella misura in cui, con il sostegno della grazia
divina, vivrete l’amore reciproco e verso tutti, diventerete un Vangelo vivo, una
vera Chiesa domestica (cfr Esort. ap. Familiaris consortio, 49). Una parola vorrei
dedicarla anche ai fedeli che, pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla
famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione. Sappiate
che il Papa e la Chiesa vi sostengono nella vostra sofferenza e fatica. Vi incoraggio
a rimanere uniti alle vostre comunità, mentre auspico che le diocesi realizzino adeguate
iniziative di accoglienza e vicinanza.
Nel libro della Genesi, Dio affida
alla coppia umana la sua creazione, perché la custodisca, la coltivi, la indirizzi
secondo il suo progetto (cfr 1,27-28; 2,15). In questa indicazione della Sacra Scrittura
possiamo leggere il compito dell’uomo e della donna di collaborare con Dio per trasformare
il mondo, attraverso il lavoro, la scienza e la tecnica. L’uomo e la donna sono immagine
di Dio anche in questa opera preziosa, che devono compiere con lo stesso amore del
Creatore. Noi vediamo che, nelle moderne teorie economiche, prevale spesso una concezione
utilitaristica del lavoro, della produzione e del mercato. Il progetto di Dio e la
stessa esperienza mostrano, però, che non è la logica unilaterale dell’utile proprio
e del massimo profitto quella che può concorrere ad uno sviluppo armonico, al bene
della famiglia e ad edificare una società più giusta, perché porta con sé concorrenza
esasperata, forti disuguaglianze, degrado dell’ambiente, corsa ai consumi, disagio
nelle famiglie. Anzi, la mentalità utilitaristica tende ad estendersi anche alle relazioni
interpersonali e familiari, riducendole a convergenze precarie di interessi individuali
e minando la solidità del tessuto sociale.
Un ultimo elemento. L’uomo, in quanto
immagine di Dio, è chiamato anche al riposo e alla festa. Il racconto della creazione
si conclude con queste parole: «Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro
che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio
benedisse il settimo giorno e lo consacrò» (Gen 2,2-3). Per noi cristiani, il giorno
di festa è la Domenica, giorno del Signore, Pasqua settimanale. E’ il giorno della
Chiesa, assemblea convocata dal Signore attorno alla mensa della Parola e del Sacrificio
Eucaristico, come stiamo facendo noi oggi, per nutrirci di Lui, entrare nel suo amore
e vivere del suo amore. E’ il giorno dell’uomo e dei suoi valori: convivialità, amicizia,
solidarietà, cultura, contatto con la natura, gioco, sport. E’ il giorno della famiglia,
nel quale vivere assieme il senso della festa, dell’incontro, della condivisione,
anche nella partecipazione alla Santa Messa. Care famiglie, pur nei ritmi serrati
della nostra epoca, non perdete il senso del giorno del Signore! E’ come l’oasi in
cui fermarsi per assaporare la gioia dell’incontro e dissetare la nostra sete di Dio.
Famiglia, lavoro, festa: tre doni di Dio, tre dimensioni della nostra esistenza
che devono trovare un armonico equilibrio. Armonizzare i tempi del lavoro e le esigenze
della famiglia, la professione e la maternità, il lavoro e la festa, è importante
per costruire società dal volto umano. In questo privilegiate sempre la logica dell’essere
rispetto a quella dell’avere: la prima costruisce, la seconda finisce per distruggere.
Occorre educarsi a credere, prima di tutto in famiglia, nell’amore autentico, quello
che viene da Dio e ci unisce a Lui e proprio per questo «ci trasforma in un Noi, che
supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola, fino a che, alla fine,
Dio sia “tutto in tutti” (1 Cor 15,28)» (Enc. Deus caritas est, 18). Amen.