No ad armi in Siria e attenzione ai rifugiati: così mons. Tomasi all'Onu a Ginevra
In Siria cresce l’incubo di una guerra a tutto campo. Lo ha detto l’inviato speciale
delle Nazioni Unite e della Lega Araba in Siria, Kofi Annan, che ha paventato il rischio
di un conflitto che metta tutti contro tutti. Un timore espresso anche dall’osservatore
permanente della Santa Sede presso l’Onu a Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasi che
ha condannato l’escalation di violenza nel paese durante il suo intervento davanti
all’assemblea che ha approvato una risoluzione di condanna della violenza e di appoggio
al piano di pace proposto da Kofi Annan. Fausta Speranza ha intervistato mons. Silvano
Maria Tomasi:
R. – Il Consiglio
dei diritti umani ha convocato una sessione speciale ed ha fatto passare una risoluzione
purtroppo non all’unanimità: Federazione russa, Cina e Cuba si sono opposte, ma la
stragrande maggioranza del Consiglio vede l’urgenza di terminare immediatamente gli
attacchi contro i civili siriani, di tornare al dialogo e di cercare una strada pacifica
per risolvere le difficoltà esistenti. Per questo si insiste sul fatto che l’inviato
speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba, Kofi Annan, possa attuare il piano
di riappacificazione e di riconciliazione che ha proposto. Inoltre, il Consiglio dei
diritti umani chiede che ci sia la possibilità, per una Commissione d’inchiesta, di
entrare nel Paese ed analizzare esattamente lo stato della situazione, soprattutto
sul piano dei diritti umani. Non è facile puntare il dito ed indicare dove si trova
la piena responsabilità dell’ultimo eccidio avvenuto ad Hula, perché, secondo le diverse
letture date dal governo o dagli insorti, si hanno delle visioni un po’ differenti.
La cosa importante è bloccare l’escalation di questa violenza: non bisogna far entrare
nuove armi, c'è il rischio di far scoppiare una guerra civile, perché questa porterebbe
ad un completo disastro e ad una grave destabilizzazione, per cui servirebbero anni
prima di ritornare ad una convivenza normale e pacifica.
D. – Lei, nel suo
intervento, ha ricordato anche la questione dei rifugiati...
R. – Mi sembra
molto importante, in questo momento, non dimenticare i rifugiati. Si tratta di iracheni
– molti dei quali anche cristiani – che hanno trovato un primo asilo in Siria e dei
rifugiati che sono dovuti fuggire dalla Siria e che ora si trovano in Turchia, in
Libano o in altri Paesi. In questi momenti di tragedia e di guerra - perché si tratta
di un conflitto armato davvero molto pesante - le vittime sono spesso famiglie intere
o persone che si ritrovano a perdere la propria casa ed il lavoro. Tra l’altro si
tratta di quelle persone che hanno meno potere di influenzare la soluzione di questi
conflitti. La comunità internazionale, le organizzazioni caritative ed il volontariato
hanno quindi un dovere speciale nell’assistere queste persone e nel cercare di aiutarle.
D.
– Da parte del Papa tornano i ripetuti appelli in favore della Siria...
R.
– Sì. Anche il Santo Padre, come il resto della comunità internazionale, è molto preoccupato:
prima di tutto perché c’è il rischio di destabilizzare un Paese che si trova al centro
del Medio Oriente - e quindi con conseguenze in altri Paesi -, e poi perché il modello
di convivenza delle minoranze in Siria dovrebbe poter funzionare e dare un esempio
per cui, nonostante le diversità religiose ed etniche, si può convivere e costruire
un progetto comune di Stato.