Benedetto XVI: la legislazione sia a servizio della famiglia fondata sul matrimonio
e aperta alla vita
La giustizia e l’amore per la libertà sono le qualità principali di chi è chiamato
a governare: è quanto ha affermato il Papa durante l’incontro con le autorità a Milano
presso l’arcivescovado. Benedetto XVI ha quindi sottolineato “uno dei principali
elementi della laicità dello Stato: assicurare la libertà affinché tutti possano proporre
la loro visione della vita comune, sempre, però, nel rispetto dell’altro e nel contesto
delle leggi che mirano al bene di tutti”. "D’altra parte ha proseguito - nella misura
in cui viene superata la concezione di uno Stato confessionale, appare chiaro, in
ogni caso, che le sue leggi debbono trovare giustificazione e forza nella legge naturale,
che è fondamento di un ordine adeguato alla dignità della persona umana, superando
una concezione meramente positivista dalla quale non possono derivare indicazioni
che siano, in qualche modo, di carattere etico (cfr Discorso al Parlamento Tedesco,
22 settembre 2011). Lo Stato è a servizio e a tutela della persona e del suo «ben
essere» nei suoi molteplici aspetti, a cominciare dal diritto alla vita, di cui non
può mai essere consentita la deliberata soppressione". Ognuno può allora vedere -
ha proseguito - come la legislazione e l’opera delle istituzioni statuali debbano
essere in particolare a servizio della "famiglia fondata sul matrimonio e aperta alla
vita", al servizio del "diritto primario dei genitori alla libera educazione e formazione
dei figli, secondo il progetto educativo da loro giudicato valido e pertinente. Non
si rende giustizia alla famiglia, se lo Stato non sostiene la libertà di educazione
per il bene comune dell’intera società".
Benedetto XVI ha quindi sottolineato
che "in questo esistere dello Stato per i cittadini, appare preziosa una costruttiva
collaborazione con la Chiesa, senza dubbio non per una confusione delle finalità e
dei ruoli diversi e distinti del potere civile e della stessa Chiesa, ma per l’apporto
che questa ha offerto e tuttora può offrire alla società con la sua esperienza, la
sua dottrina, la sua tradizione, le sue istituzioni e le sue opere con cui si è posta
al servizio del popolo. Basti pensare alla splendida schiera dei Santi della carità,
della scuola e della cultura, della cura degli infermi ed emarginati, serviti e amati
come si serve e si ama il Signore. Questa tradizione continua a dare frutti: l’operosità
dei cristiani lombardi in tali ambiti è assai viva e forse ancora più significativa
che in passato. Le comunità cristiane promuovono queste azioni non tanto per supplenza,
ma piuttosto come gratuita sovrabbondanza della carità di Cristo e dell’esperienza
totalizzante della loro fede. Il tempo di crisi che stiamo attraversando ha bisogno,
oltre che di coraggiose scelte tecnico-politiche, di gratuità, come ho avuto modo
di ricordare: «La “città dell'uomo” non è promossa solo da rapporti di diritti e di
doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di
comunione» (Enc. Caritas in veritate, 6)".
Infine il Papa richiama un "prezioso
invito" di sant’Ambrogio, "la cui figura solenne e ammonitrice è intessuta nel gonfalone
della Città di Milano. A quanti vogliono collaborare al governo e all’amministrazione
pubblica, egli richiede che si facciano amare. Nell’opera De officiis egli afferma:
«Quello che fa l’amore, non potrà mai farlo la paura. Niente è così utile come farsi
amare» (ii, 29). D’altra parte, la ragione che, a sua volta, muove e stimola la vostra
operosa e laboriosa presenza nei vari ambiti della vita pubblica non può che essere
la volontà di dedicarvi al bene dei cittadini, e quindi una chiara espressione e un
evidente segno di amore. Così, la politica è profondamente nobilitata, diventando
una elevata forma di carità".