L'impegno per la famiglia della comunità "Nomadelfia" e dell'Unitalsi
Al piano inferiore del grande complesso di "Fieramilanocity", del capoluogo lombardo,
sono dislocati gli stand della “Fiera della famiglia”, uno spazio espositivo di 8
mila metri quadrati dove associazioni italiane e internazionali che lavorano a sostegno
delle famiglie spiegano a chiunque si fermi il loro tipo di missione. Fra loro, c’è
anche lo stand di “Nomadelfia”, la comunità fondata negli anni Quaranta del Novecento
da don Zeno Saltini, dove la legge che vige è quella della fraternità. L’inviato a
Milano, Alessandro De Carolis, ha chiesto a Paolo, un giovane “nomadelfo”,
il perché della sua presenza all’Incontro delle famiglie:
R. – "Nomadelfia"
porta l’esperienza di famiglie che vivono la loro scelta di essere famiglia come Sacramento,
sicuramente, come tutte le famiglie cristiane; è una famiglia che è aperta all’accoglienza
di figli in disagio familiare: tutte le famiglie di "Nomadelfia" sono aperte all’accoglienza
di minori in disagio familiare. E’ una famiglia che è aperta ad altre famiglie perché
vive in gruppi di famiglie. Tre o quattro famiglie che condividono la vita di tutti
i giorni per potersi aiutare e per creare relazioni migliori tra le famiglie stesse.
D.
– Tu sei un giovane che sta costruendo la sua vita; in questi tempi, spesso senti
parlare di famiglia in crisi. Che esperienza fai, invece, a "Nomadelfia"?
R.
– La mia esperienza personale – io sono il primo figlio di 13 fratelli, tra nati e
rinati nel matrimonio – è quella di una famiglia "allargata" da tanta gioia, tanti
impegni… sicuramente la gioia è più grande, perché Dio è amore e Dio porta questa
gioia anche nella famiglia. E se sappiamo affidarci a Dio, poi tutto diventa più facile:
anche vivere i rapporti familiari, superare le crisi che ci sono, sicuramente però
nell’ottica di una vita vissuta per gli altri, in un rapporto continuo con
Dio.
D. – Voi crescete, a "Nomadelfia", alla quotidiana scuola di don Zeno,
che è il vostro fondatore. Secondo te, se oggi fosse qui, al raduno di Milano, in
mezzo a queste migliaia di famiglie, cosa potrebbe dire loro?
R. – Don Zeno
proporrebbe alle famiglie sicuramente di unirsi, di formare un popolo cristiano che
sia un segno vero della presenza di Cristo in terra. Chiederebbe di essere coerenti
con il messaggio cristiano; chiederebbe un’integrità di vita e sicuramente questa
potrebbe essere una grande testimonianza per questo mondo che ha perso le basi su
cui poggiare le gambe, per cui tutto diventa fluido e niente è più stabile. "Nomadelfia"
è un piccolo popolo – siamo quasi 300 persone – che però ha a suo fondamento basi
solide: il Vangelo e la Parola di Dio.
Il Congresso internazionale sulla famiglia
si sposta oggi da Milano in varie città e diocesi della Lombardia. In provincia di
Lecco, in particolare, si svolge nel pomeriggio una tavola rotonda dal titolo “Famiglia,
lavoro e mondo della disabilità”. Tra le associazioni che si occupano di questo delicato
aspetto figura l’Unitalsi, presente all’Incontro mondiale delle famiglie. Alessandro
De Carolis ne ha parlato con Gabriella Zanco, da molti anni volontaria
ed ex responsabile di sezione dell’Unitalsi:
R. – L’Unitalsi
come progetto ha l’assistenza ai disabili, ma non dimenticando le famiglie che sono
con i disabili perché dobbiamo sempre fare mente locale che ogni disabile ha alle
spalle una famiglia che condivide le sue aspettative, i suoi dolori e le sue gioie.
Per cui mi è sembrato giusto che l’Unitalsi fosse presente all’incontro delle famiglie
proprio per dare un segno tangibile della sua missione.
D. – Soprattutto in
Occidente si parla tanto di disgregazione di valori e questo potrebbe andare a scapito
della sensibilità verso gli ammalati all’interno di una famiglia. Che esperienza avete
su questo punto?
R. – Per quanto riguarda le famiglie che hanno un disabile,
hanno difficoltà enormi, perché si trovano a volte da sole ad affrontare una situazione
che non pensavano. Chi accetta la disabilità del proprio figlio o del proprio parente
in casa ha una riconquista dei valori della famiglia del sostegno reciproco, dell’aiuto,
non solamente sostegno economico, ma morale, e affrontano insieme tutte le difficoltà
della vita quotidiana. Un discorso a parte, invece, bisogna farlo per quelle famiglie
che con un evento drammatico si trovano ad affrontare una situazione difficile e che
non trovano al loro interno la forza di poterla affrontare. Ecco che poi allora abbiamo
famiglie che si disgregano, abbiamo situazioni familiari di una madre sola con un
figlio disabile e al riguardo l’Unitalsi ha costituito e fondato case famiglia proprio
per andare incontro anche a situazioni familiari difficili.
D. – Che cosa vi
aspettate da questo Incontro mondiale delle famiglie dal vostro punto di vista?
R.
- Ci aspettiamo che la società - ma per la società non intendo solamente le istituzioni
pubbliche, ma anche la società delle persone – nonsi "faccia carico" dei disabili,
ma dell’idea che i disabili non sono un peso per la società: sono persone che hanno
da dire cose diverse rispetto ai normodotati.