Il Papa chiede solidarietà per le popolazioni dell’Emilia colpite dal terremoto. 17
i morti
Il Papa si stringe alle popolazioni dell’Emilia colpite dal sisma. All’udienza generale
Benedetto XVI ha rivolto un appello agli italiani chiedendo il loro sostegno a favore
dei terremotati. Intanto il numero delle vittime del sisma è salito a 17. Circa 350
i feriti e 16mila gli sfollati. Stamani è stato identificato il cadavere dell’ultimo
disperso, estratto dalle macerie dell’azienda Haemotronic a Medolla. E in serata dal
vertice fra il presidente Napolitano, il premier Monti e i presidenti di Camera e
Senato, Fini e Schifani emerge che le celebrazioni del 2 giugno saranno improntate
a criteri di particolare funzionalità e sobrietà. Il servizio di Debora Donnini:
In Emilia
la terra continua a tremare: 228 le scosse da ieri, l’ultima di 3.2 oggi, intorno
alle 14. “Sarà una sequenza sismica lunga, che potrebbe durare mesi o anni”: avverte
l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Amara la conta dei danni al patrimonio
storico e produttivo. Per far fronte all’emergenza il governo ha deciso l’aumento
di due centesimi delle accise sui carburanti fino al 31 dicembre, la deroga al Patto
di stabilità per la ricostruzione e che i pagamenti fiscali e contributivi siano rinviati
a settembre per gli abitanti delle zone terremotate. Lunedì prossimo decretato il
lutto nazionale. Le celebrazioni del 2 giugno si faranno, conferma intanto il presidente
Napolitano che definisce gravemente inadeguate le politiche di prevenzione mentre
il premier Monti assicura: nessuno lascerà solo nessuno. I sindacati rimandano al
16 giugno la manifestazione inizialmente programmata per il 2. Il capo della protezione
civile Gabrielli fa sapere che il numero degli assistiti è di quasi 15mila ma molto
più alto quello di chi è fuori casa: ci sono persone, ha spiegato, che non hanno ancora
deciso cosa fare, se scegliere la tenda o l'albergo. La procura di Modena ha intanto
aperto un’inchiesta sulla morte degli operai rimasti travolti dal crollo dei capannoni
per far soprattutto luce sulle modalità con le quali sono stati costruiti. E dopo
la Cei che ha stanziato un milione di euro proveniente dall’otto per mille, la Caritas
italiana ha messo a disposizione centomila euro. Il Papa ha inviato un telegramma
a firma del Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone al vescovo di Modena-Nonantola,
Antonio Lanfranchi nel quale esprime incoraggiamento, “assicurando un particolare
e costante ricordo nella preghiera specialmente per quanti hanno perso la vita” e
auspica “che non venga meno la pronta solidarietà e il necessario aiuto per far fronte
a questo momento difficile”.
Dunque il Papa questa mattina ha rivolto il proprio
pensiero alle persone colpite dal sisma. Sentiamo le sue parole dall’udienza generale:
“Il mio pensiero
va ancora una volta alle care popolazioni dell’Emilia, colpite da ulteriori forti
scosse sismiche, che hanno causato vittime e ingenti danni, specialmente alle chiese.
Sono vicino con la preghiera e l’affetto ai feriti, come pure a coloro che hanno subito
disagi, ed esprimo il più sentito cordoglio ai familiari di quanti hanno perso la
vita. Auspico che con l’aiuto di tutti e la solidarietà dell’intera Nazione possa
riprendere al più presto la vita normale in quelle terre così duramente provate”.
Tra
le vittime della nuova scossa c’è anche il parroco della frazione di Rovereto nel
comune di Novi di Modena, don Ivan Martini, che voleva portare fuori dalla chiesa
la statua della Madonna perché fosse vicina agli sfollati. Ingenti i danni al patrimonio
culturale e religioso al tessuto produttivo dell’Emilia. E’ quanto sottolinea, al
microfono di Luca Collodi, il vescovo della diocesi di Carpi, mons. Francesco
Cavina:
R. – La diocesi
di Carpi era già stata colpita, solo che i giornali non ne avevano parlato affatto
perché non c’erano stati morti. Soprattutto per quanto riguarda gli edifici di culto,
con le scosse di ieri, siamo a venti chiese distrutte e tutte le altre sono inagibili.
Questo è un danno gravissimo per la vita di queste comunità, perché la parrocchia
rappresenta l’unico punto di aggregazione da una punto di vista sociale e non solo
come sede. Ed è necessario partire immediatamente per la ricostruzione, perché altrimenti,
queste comunità corrono veramente il rischio di smarrirsi, di perdere se stesse. Quindi,
chiedo veramente che ci si affretti nel mettere in opera la ricostruzione.
D.
– Mons. Cavina, avete fiducia nell’operato dello Stato per la ricostruzione?
R.
- Non possiamo fare altro, perché l’economia è in ginocchio, le aziende sono crollate,
per cui non c’è più nulla; resistono le case, però i danni morali e materiali sono
veramente incalcolabili. Tra l’atro, la gente vive nella paura, perché queste scosse
non finiscono mai. Chiediamo l’aiuto a tutti per quanto è possibile.
D. - È
doveroso il ricordo di don Ivan vittima di un crollo mentre cercava di salvare una
statua della Madonna...
R. - Era un parroco molto zelante, e molto amato dalla
propria gente. Tanto è vero che ieri, quando sono andato sul posto, la gente esprimeva
tutto il proprio dolore, lo sconcerto, dicendo: “E adesso come faremo senza don Ivan?”
Queste, sono parrocchie dove la figura del parroco, gioca ancora un ruolo importante
come punto di riferimento e di aggregazione delle persone. Questo me lo dicevano anche
le persone non credenti che hanno espresso la loro sofferenza per questo grave incidente.
D.
- La macchina dei soccorsi è soddisfacente?
R. - La Protezione civile, i Vigili
del Fuoco sono veramente encomiabili. Ho incontrato vigili e membri della Protezione
civile, che non chiudevano occhio da tre giorni, medici dell’ospedale che hanno evacuato
l’ospedale di Carpi a rischio della propria vita. Queste continue scosse iniziano
veramente a mettere a dura la resistenza fisica e psichica. Per cui avremo proprio
bisogno di vedere dei segni concreti, per dire: “si ricomincia daccapo, si ricomincia
a ricostruire, e soprattutto a mettere in sicurezza tante opere e tante chiese, che
corrono il rischio di crollare”. Il Duomo di Carpi è gravemente danneggiato, la cupola
corre il rischio di crollare, il Palazzo vescovile è totalmente inagibile, quindi
anche io mi trovo fuori casa. Bisogna ricominciare, ma subito.
D. – Mons. Cavina,
come possiamo aiutarvi?
R. - L’idea che mi era venuta, proprio per sostenere
le nostre comunità parrocchiali è questa: se ci fossero parrocchie in Italia che vogliono
fare un gemellaggio con le nostre di Carpi come segno di solidarietà, giovani che
vengono qui per rianimare in nostri giovani -non subito ma una volta che queste scosse
saranno finite- sarebbe, per me un aiuto enorme perché aiuterebbe la ricostruzione
spirituale e morale delle persone, soprattutto dei giovani. L’altro aspetto è quello
più materiale: anche un centesimo, offerto, può aiutarci nella ricostruzione, perché
è quello che dobbiamo iniziare a fare senza troppi ritardi e senza troppe burocrazie.
Vorrei ringraziare la Segreteria di Stato della Santa Sede, perché ho ricevuto veramente
tanti attestati di solidarietà. Fino a tre mesi fa, ho lavorato lì, e quindi volevo
veramente esprimere la gratitudine a tutti gli amici, ai vescovi, ai cardinali che
mi hanno contattato per esprimere la loro vicinanza.
A divampare ora è la polemica
sui capannoni crollati per il sisma e sotto le cui macerie sono morti diversi operai.
L’accusa è che siano stati costruiti senza aver tenuto conto delle norme antisismiche.
A rispondere è stato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che ha definito
artificiosa la polemica: i capannoni, ha detto, erano nella assoluta normalità e la
zona non era classificata come particolarmente sismica. Federico Piana ha intervistato
il geologo emiliano Paride Antolini:
R. – Prima del
2003 queste zone non erano classificate come sismiche, quindi si costruiva con determinati
criteri. Successivamente al 2003, a queste aree è stato riconosciuto un determinato
rischio. Bisogna poi vedere quando è stato costruito un edificio, prima o dopo, e
se quando è stato costruito ha rispettato tutte le norme e così via. Adesso si può
dire sicuramente che con il decreto ministeriale del 2008, quando si costruisce, tutti
i progetti in Emilia Romagna vengono attentamente vagliati, curati e quindi se ci
sono degli errori vengono rilevati. Poi, quando succedono queste disgrazie – che siano
frane, dissesti idrogeologici o terremoti – e avviene un evento luttuoso, finito l’evento
dobbiamo chiederci: “Ma è stato fatto tutto?”
D. – Dobbiamo in qualche modo
trovare una soluzione per queste costruzioni?
R. – Il patrimonio edilizio italiano,
le case dove tutti noi abitiamo, sono case, nella stragrande maggioranza dei casi,
in percentuale, vecchie: risalgono ai decenni passati. Gran parte è dovuta alla nuova
edificazione del Dopoguerra, per cui ci troviamo con un patrimonio costruito in fretta
negli anni del boom, in cui non si guardava tanto per il sottile. Vogliamo salvaguardare
le vite? Fermiamoci un attimo sul nuovo e guardiamo l’esistente.