2012-05-27 08:45:09

Giornata nazionale per la donazione e il trapianto di organi


Si celebra oggi in Italia la Giornata nazionale per la donazione e il trapianto di organi e tessuti. Sono migliaia i pazienti nelle liste d’attesa regionali. Aumentano i donatori, ma l’esigenza di disponibilità di organi e tessuti è sempre alta. Il prof. Salvatore Agnes, direttore dell’unità operativa del Centro trapianti del Policlinico Gemelli, spiega le circostanze in cui si effettua un trapianto e le prospettive della ricerca in questo campo. L’Intervista è di Eliana Astorri:RealAudioMP3

R. - Ovviamente quando si parla di prelievo, in generale evidentemente, si allude al prelievo degli organi dal donatore morto, che tecnicamente viene definito “donatore cadavere”. È evidente che poi c’è tutta un’altra problematica che riguarda il donatore vivente e che, chiaramente, presuppone un tipo di rapporto donatore-ricevente completamente differente e procedure che sono altrettanto differenti. Peraltro, la donazione da vivente, interessa una minoranza assoluta dei trapianti che si possono fare, e quindi questo non è il cuore del nostro problema. Chi è il donatore cadavere? È un soggetto che è morto; è morto con un processo di morte iniziato dal suo cervello, ed essendo iniziato dal suo cervello, con esso, è morto tutto l’individuo. Però dopo la morte del cervello, quindi con l’individuo che viene definito morto, può sopravvivere il funzionamento di alcuni organi e questo normalmente per qualche ora. E allora, quando si definisce la morte dell’individuo in relazione alla morte del suo cervello, nelle ore successive, questo soggetto viene identificato come un potenziale donatore d’organi. In questo caso si può procedere, salvo tutte le problematiche legate al consenso e di burocrazia, al prelievo degli organi.

D. - A che punto è il problema del rigetto? Negli anni si è ridotto questo pericolo?

R. - Assolutamente sì. Diciamo che la trapiantologia ha una storia abbastanza recente; è una branca che nasce ed inizia a diffondersi sostanzialmente a partire dagli anni Sessanta. Allora, il rigetto era veramente un grande problema; poi c’è stata una prima svolta negli anni Ottanta, e successivamente questo problema si è ridotto sempre più. Non è scomparso, ma le moderne procedure e soprattutto i moderni presidi farmacologici, sono in grado di controllarlo in maniera tale che non costituisce più il problema centrale della trapiantologia.

D. - E come si fa ad esprimere la volontà di donare organi o tessuti?

R. - Intanto il problema è che la legge italiana presuppone che le persone abbiano, in qualche modo, espresso in vita il proprio consenso alla donazione, anche solo a livello verbale; i familiari dell’individuo che si trova in queste condizioni, quindi morto, possono testimoniare del consenso espresso in vita dal soggetto stesso. È chiaro che si può invece anche esprimerlo in modo differente, più chiaro, per esempio con una adesione alle varie associazioni, come quella all’Associazione italiana dei donatori d’organo. Non esiste ancora un meccanismo assolutamente stabilito, di espressione formale obbligatoria del consenso, però i modi ci sono.

D. – Questa Domenica è la Giornata nazionale della donazione e del trapianto di organi e tessuti. Dalla sua esperienza, ha avuto modo di verificare se dopo queste giornate di sensibilizzazione, c’è stato un aumento di donatori?

R. - Non è così diretto a mio modo di vedere, né noi potremo mai constatare di fatto, nel sistema sanitario una cosa di questo tipo. Però io posso testimoniare un trend: negli anni sicuramente grazie a queste iniziative o ad altre simili, la cultura della donazione si è molto diffusa, e non solamente tra la popolazione laica, dei non addetti, che comprende la stragrande maggioranza delle persone, ma si è diffusa anche nella classe medica, la quale, negli scorsi decenni, ha avuto bisogno di educazione alla donazione. I medici sono i primi che devono essere in grado di fare le diagnosi di morte cerebrale, che non è una cosa proprio per tutti, di identificare poi, i possibili donatori, e in qualche modo, di lavorare affinché questa donazione possa essere possibile. Quindi è una cultura che si è diffusa, e si è diffusa, sicuramente, anche grazie alle tante iniziative, e probabilmente anche grazie a queste giornate di riflessione.







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