2012-05-25 13:27:24

Il contributo del volontariato italiano di fronte alla crisi del Paese


Strade nuove per l’Italia: il MoVi, Movimento di Volontariato Italiano, promuove a Roma dall'1 al 3 giugno un laboratorio aperto a volontari, associazioni, reti, movimenti, società civile per un confronto a tutto campo sull’oggi del Paese e sulla responsabilità verso il futuro. Un laboratorio in cui il primo passo sarà quello di prendere atto che la crisi in corso non è di passaggio, ma può essere un’opportunità per costruire comunità più solidali. Al microfono di Adriana Masotti, Franco Bagnarol, presidente del MoVi:RealAudioMP3

R. – Ci hanno detto, nel 2008, che la crisi era passeggera. In seguito la crisi è stata negata e da ottobre dello scorso anno abbiamo preso atto che dovremo convivere con la crisi, dovremmo capirne le ragioni, soprattutto in riferimento a una crisi strutturale, antropologica, culturale, che ci metterà in condizione di cambiare effettivamente anche modo di vivere, modo di pensare. Occorre che anche i volontari, i cittadini comuni, abbiano a tutti i costi una presa di coscienza, per capire dove ci si evolve, in che modo ci indirizzeremo verso il futuro, perché la crisi dà ansia, dà l’idea di un impoverimento …

D. – Appunto, durante il convegno vi porrete una domanda fondamentale: è possibile essere felici pur essendo più poveri?

R. – E’ proprio questa la risposta intelligente da dare… Credo che l’attuale situazione derivata dalla crisi ci porterà ad avere una condizione di mezzi diversi, di mezzi più semplici e più poveri. Essere capaci di vivere in maniera positiva vuol dire essere in grado di misurarsi non solo con mezzi minori, ma con una capacità di distribuire meglio i beni, di capire che lo stile di vita che noi viviamo ora è assolutamente improponibile, che non c’è compatibilità con la situazione. Rispetto a questi scenari, l’idea di ripensare alla felicità, perché siamo capaci di condividere, di camminare insieme con le persone, di prendersi carico, di ricreare nuovi rapporti, è una risposta di valori, di senso, che si dà al cambiamento.

D. – Proprio di fronte a questa alternativa - maggiore chiusura e individualismo, oppure una nuova solidarietà - si pone la questione del volontariato e sul dove deve andare il volontariato oggi…

R. – Il volontariato oggi viene da questi mondi fatti di assistenza, fatti di culture talvolta un po’ protezionistiche... in questa fase il volontariato servirà molto di più perché ci sarà più gente ad averne bisogno, non solo gli ultimi ma anche i penultimi, cioè il ceto medio impoverito avrà una vulnerabilità molto forte: il volontariato cosa dovrà fare? Dovrà diventare un luogo dove si fa sensibilizzazione, dove si lavora per i diritti, per un cammino utile a realizzare la giustizia, un volontariato un po’ più scomodo, non un volontariato che rispetto alle istituzioni è lì che guarda e aspetta di riuscire ad avere qualche prebenda. No, è finito questo! Oggi bisogna che un volontariato adulto rivendichi i diritti e rivendichi un modo nuovo di relazionarsi con le persone perché di questo c’è bisogno.

D. –Vuol farci qualche esempio concreto di questa novità di stili di vita? Che cosa si intende riguardo all’economia, all’ambiente, alla politica?

R. – Su questo noi abbiamo fatto un censimento e abbiamo trovato una galassia infinita di gruppi che partono dalla tutela dei diritti dei beni comuni come l’acqua, l’aria, il territorio… C’è tutta una catena di soggetti, persone, iniziative concretissime, dai gruppi di acquisto solidale ai bilanci di giustizia e altri infiniti gruppi che danno una testimonianza ricchissima di un modo nuovo di condividere, di fare le cose, che vuol dire un cambio di mentalità. Quindi non c’è altro che l’imbarazzo della scelta nella casistica di un nuovo modo di essere oggi cittadini attivi.

D. – Le tre giornate di Roma dei primi di giugno vogliono essere un confronto tra tutte queste realtà, ma anche un tentativo di mettere in collegamento e in rete queste diverse strutture?

R. – Il volontariato italiano fatica talvolta a riflettere ad alta voce perché è molto disomogeneo. Il nostro laboratorio vuole in qualche modo avviare un processo e mettere in rete tutti i soggetti che intendono lavorare per il cambiamento. Le tre giornate significano collegarsi, coscientizzarsi, sognare utopie, ma vedere anche i campi concreti in cui poter operare e in più far pressione sui vari organismi per dire che il volontariato sta cominciando questa riflessione. Anche perché abbiamo un appuntamento importante, il 5-6-7 ottobre a L’Aquila, dove ci sarà la conferenza nazionale del volontariato in cui il nostro piccolo laboratorio, per cui prevediamo 300-400 persone, possa essere poi portato a un confronto nazionale e a una sintesi in altre sedi.







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