Colpi di Stato in Africa I colpi di Stato che si sono verificati in Mali
e in Guinea-Bissau fanno pensare ad un’Africa che avanza e arretra al contempo. Questa
brutale irruzione dei militari sulla scena politica ha interrotto processi democratici
– o quanto meno elettorali. Nei due Paesi, i putschisti hanno posto i regimi civili
dinanzi ad istanze militari: più mezzi per combattere la guerra in Mali; impedire
accordi militari segreti con l’Angola in Guinea Bissau. In entrambi gli Stati, i militari
sono divenuti arbitri di una democrazia inquadrata e tenuta sotto controllo a suon
di assalti al Palazzo, a seconda della volontà e degli umori delle caserme.
Ancora
due colpi di Stato dunque. Come se l’Africa non possa impedire di far valere la forza
sulla legge, o che i popoli non riescano a conservare il diritto di scegliere se non
nell’ambito di un quadro normativo di riferimento in continuo cambiamento, e confrontandosi
con classi dirigenti anch’esse sottoposte ad instabilità cronica. Eppure, stando
alle dichiarazioni ONU, dall’anno 2000 nel continente sarebbero ben più numerosi i
regimi ascesi al potere grazie alla scelta (sovrana?) dei popoli, e non per mezzo
dell’imposizione della forza. Perché, dunque, continuano a verificarsi questi colpi
di Stato?
Innanzitutto a causa della debolezza delle istituzioni incaricate
di difendere il diritto. A livello nazionale e sub-regionale, in effetti, in
diversi Paesi le leaderships non hanno trovato limiti in un quadro legislativo rigido,
con potere dissuasivo, riguardo a tali pratiche anti-democratiche. E a livello continentale,
l’Unione Africana non agisce sempre in maniera conforme ai suoi stessi principi di
“tolleranza zero”. Come risultato, nel corso di dodici anni Paesi come la Mauritania,
il Niger, Guinea Conakry, Guinea Bissau, Sao Tomé, Togo, Mali e Madagascar hanno conosciuto
colpi di Stato o tentativi di ribaltamento di regimi legali. Ogni volta, l’Unione
Africana ha inizialmente minacciato azioni contrarie, finendo poi col prendere semplicemente
atto di uno stato di fatto, e avallando transizioni con il valore di riconoscenza
implicita.
In seguito, la debolezza delle opinioni. Un colpo di Stato
ha successo se l’opinione pubblica è divisa o disposta a tollerarlo. Non a caso in
questi ultimi giorni a Bamako, la capitale del Mali, si registrano numerose manifestazioni
di partigiani del regime putschista. In occasione del secondo turno delle elezioni
presidenziali senegalesi del 2000, Abdoulaye Wade, che avrebbe poi avuto la meglio
su Abdou Diouf, dichiarò che l’esercito sarebbe dovuto intervenire, qualora egli non
fosse stato eletto. Non è questo forse un considerare le forze armate come strumento
di regolazione convenzionale delle questioni politiche, che indebolisce principi e
regole?
Infine, la debolezza della democrazia Con una moltitudine
di attori determinanti il suo sviluppo, di natura estremamente diversificata, l’Africa
sembra contemplare con normalità la possibilità di “svilupparsi senza democrazia”.
Infatti, attorno al continente agiscono oggi potenti protagonisti che hanno potuto
“dare da mangiare al loro popolo” ignorando i principi della democrazia. Però, come
noto, una democrazia che non sia basata su valori ed etica specifici diviene un semplice
strumento a uso limitato.
Senza voler chiedere alla Chiesa indicazioni su modelli
di sviluppo economico per gli Stati, credo che possiamo tuttavia vedere, nel Vangelo,
la sola bussola in grado di guidare l’uomo nella realizzazione del bene comune.
Come non evocare, ancora una volta, la profondità del monito di Benedtto XVI alla
classe politica africana, in occasione del suo memorabile viaggio in Benin, nel novembre
2011? "Sono consapevole - disse il Santo Padre - che le parole non hanno dovunque
il medesimo significato. Ma, quella di speranza varia poco secondo le culture... Non
private i vostri popoli della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando il loro
presente!” Un programma politico? No, un appello al più grande comune denominatore
degli uomini e delle donne di tutte le razze e condizioni. Non si può essere “buoni
cristiani” senza essere buoni cittadini, in favore di una buona democrazia. Ci sono
infiniti modi di servire la causa dell’uomo, servendo la causa di Dio!
A cura
di Albert Mianzoukouta, programma francese per l’Africa.