Festival di Cannes: ultimi film all'insegna dell'anticonformismo
Lo stereotipo e la bizzarria caratterizzano gli ultimi film della Competizione ufficiale
al 65.mo Festival di Cannes, suscitando le reazioni più disparate nel pubblico, nella
stampa e fra gli addetti ai lavori. Fra le opere più convenzionali e prevedibili vanno
inclusi “On the road” di Walter Salles e “Killiing them softly” di Andrew Dominik.
Fra quelle più anticonformiste, curiose e sostanzialmente coraggiose, “Holy motors”
di Léos Carax e “Post tenebras lux” di Carlos Reygadas. Il regista brasiliano, che
già aveva deliziato le platee di tutto il mondo con “I diari della motocicletta”,
affronta qui una delle sue sfide più ardue, adattando un testo letterario di fronte
al quale sono naufragate le ambizioni di autori ben più esperti di lui, quel “Sulla
strada” di Jack Kerouac scritto negli anni Cinquanta e diventato da allora un libro-culto
di più di una generazione. Mostrando un rispetto pressoché filologico nei confronti
del romanzo, Walter Salles cerca di riprodurre quel ritmo incalzante e impaziente
della scrittura, quella febbre di vivere che ne animava i personaggi, e lo fa con
un’attenzione quasi maniacale nella scelta degli interpreti e degli ambienti, nei
colori della fotografia, nei ritmi delle musiche. Ma tutto questo perfezionismo nuoce
all’originalità della forma cinematografica, ed il film finisce per diventare una
copia conforme del libro. Una bella copia, ma pur sempre una copia. Se a Salles si
può tuttavia perdonare la mancanza di ispirazione, tanta è la sua devozione all’opera
letteraria, è assolutamente imperdonabile quell’Andrew Dominik, che ci aveva affascinato
con “L’assassinio di Jessie James per mano del codardo Robert Ford”, e che qui si
fa prendere la mano da una descrizione volgare e violenta dell’America della crisi
dei ‘subprime’ dal punto di vista della criminalità mafiosa. Mescolando la banalità
del male con disincantate analisi della situazione economica mondiale e dettagliate
violenze con dialoghi a sfondo sessuale di oscena evidenza, “Killing them softly”
vorrebbe dare un taglio realistico a strutture di genere decisamente codificate, ma
finisce per annoiare profondamente. Ben differente è lo sconcerto enigmatico che provoca
“Post tenebras lux”, ambientato nel Messico contemporaneo dove convivono, senza compenetrarsi,
l’universo arcaico degli indios e la ricchezza sfrontata della classe dirigente. Da
sempre tormentato dal conflitto fra peccato e redenzione, Carlos Reygadas non lavora
in termini di narrazione lineare. Il suo film è un accumularsi di situazioni collegate
le une alle altre dalla tentazione e dal pentimento. I salti temporali sbalzano lo
spettatore dallo sguardo di una bambina su una notte di tempesta alla presenza del
male nelle forme di un’animazione pop, dall’ossessione pornografica della società
contemporanea all’immersione nella natura primordiale, dalla ricerca del perdono tramite
la confessione pubblica dei propri peccati all’illuminazione che precede l’abbandono
del mondo terreno. L’impressione è quella di un film potente e sconclusionato che
ancora lavora la mente e di cui lo spettatore non si libererà facilmente. L’opera
più bizzarra di tutte è peraltro “Holy motors”, che accompagna, nel corso di una giornata,
una bizzarra figura chiamata a interpretare vari personaggi. Guidato attraverso Parigi
a bordo di una limousine, l’uomo rivive tutte le possibili situazioni che il cinema
affascinato dalla bellezza del gesto ha messo in scena fin dalle sue origini per riprodurre
il mondo nelle sue rappresentazioni immaginarie. Attraverso abilissimi travestimenti
egli è, volta per volta, una povera mendicante, un ninja da videogioco, un assassino
prezzolato, un vecchio morente, una figura mostruosa dei bassifondi, un amante deluso,
un padre di famiglia. Il refrain è quello della vita, vissuta e rivissuta, del desiderio
e dell’ebbrezza di esistere. Ma Carax non lascia lo spettatore al sottile piacere
dell’affabulazione: ogni abbandono, nel suo film, è interrotto dal sorriso beffardo
dell’invenzione, così che l’emozione si scioglie nella risata e l’allegria si stempera
nella consapevolezza della finitudine dell’essere umano. (Da Cannes, Luciano Barisone)