2012-05-24 14:07:37

Abusi su minori. Il prof. Cardia: lettura parziale del documento Cei da parte di alcuni media


Continua il dibattito sulle Linee guida presentate dalla Conferenza episcopale italiana circa l’atteggiamento e le misure da adottare nel contrasto di eventuali reati sessuali commessi a danno di minori da parte di chierici. Un documento che ha suscitato delle polemiche nella stampa laica per l’assenza, a carico dei vescovi italiani, di un’obbligatorietà giuridica di sporgere denuncia qualora vengano a conoscenza di casi di molestie contro i minori. A chiarire la portata del documento della Conferenza episcopale italiana è il prof. Carlo Cardia, docente di diritto ecclesiastico presso l’Università di Roma Tre. L’intervista è di Stefano Leszczynski.RealAudioMP3

R. – Il primo punto che io sottolineerei è che questo documento – le Linee guida della Conferenza episcopale – comportano un impegno totale della Chiesa italiana nell’affrontare quello che è un dramma e che è, usando proprio le parole di Benedetto XVI, “uno scandalo nello scandalo”: la pedofilia e gli abusi sui minori sono già di per sé uno scandalo, ma nella Chiesa lo sono ancora di più. Noi vediamo che queste Linee guida propongono qualcosa di più di una linea meramente giuridica e le cito soltanto due fatti. Il primo è che la Chiesa e i vescovi in prima persona sono impegnati, oltre i doveri giuridici, ad andare incontro alle vittime e alle loro famiglie per far tutto quello che è possibile per riparare alla drammaticità delle situazioni. Quindi un intervento di sostegno e di aiuto attivo della Chiesa e dei vescovi nei confronti delle vittime. Il secondo punto, che non è stato sottolineato, è che vi è una durezza giusta e sacrosanta nei confronti di coloro che si rendano colpevoli di questi abusi nell’allontanarli sempre e comunque da qualsiasi rapporto con i minori e quindi nell’evitare anche la possibilità, la potenzialità, del ripetersi del reato e della colpa, perché stiamo parlando della Chiesa. Questi aspetti, per esempio, non sono stati messi in rilievo, perché si è data una lettura – io credo – un po’ parziale, un po’ affrettata di questo documento.

D. – Quindi, in sostanza, c’è stato un rafforzamento sia di quello che è l’impegno morale in campo civile e in campo pastorale, sia un rafforzamento di quelli che sono gli obblighi secondo il diritto canonico, il diritto della Chiesa?

R. – C’è stato un rafforzamento ed una presa di responsabilità diretta dei vescovi, perché ai vescovi è chiesto di mettere in atto immediatamente queste misure di sostegno e di intervento punitivo o comunque preventivo per il futuro. Anche con riferimento a quello che è stato scritto sui giornali circa l’obbligatorietà della denuncia, bisogna essere più precisi: il fatto che non vi sia l’obbligo della denuncia deriva soltanto dal fatto che questo scaturisce dalla legislazione italiana, ma non vuol dire affatto che i vescovi non possano denunciare i reati. Questo lo ha messo bene in luce mons. Crociata, quando ha detto piuttosto che nella prassi ordinaria, nella maggioranza dei casi – perché bisogna anche distinguere i casi più gravi da quelli minori – vi è la prassi di denunciare anche all’autorità giudiziaria. In ogni caso, oltre questa prassi, vi è l’obbligo di una piena collaborazione dei vescovi - e quindi di tutti coloro che sono in qualche modo a conoscenza del fatto - con l’autorità giudiziaria che si occupa della materia. Si aggiunge infine che le vittime, naturalmente, non devono mai essere non solo distolte, ma nemmeno condizionate dal proporre l’azione necessaria a livello civile e penale.







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