Centrafrica. L'arcivescovo di Bangui: contro l'insicurezza dare risposte ai giovani
“Gli ultimi fatti violenti di Bafondo e Gofo sono emblematici di una situazione sempre
incerta nelle regioni settentrionali del Centrafrica, nonostante la dissoluzione di
uno dei principali gruppi armati. Ci sono ancora centinaia di giovani che non intendono
deporre le armi, rappresentano mine vaganti per sé stessi e per le popolazioni delle
zone rurali povere: vivono di racket e saccheggi ai danni dei civili. Dal punto di
vista dei giovani armati è l’unico modo per sopravvivere senza un’alternativa solida
e concreta per il loro reinserimento sociale”. Ad esprimere all'agenzia Misna la preoccupazione
della Chiesa centrafricana per l’instabilità persistente di un’ampia area del territorio
confinante con il Ciad è il nuovo arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonné Nzapalaïnga.
Domenica, secondo la ricostruzione dei fatti diffusa dall’emittente locale ‘Radio
Ndeke Luka’, ribelli del generale ciadiano Baba Ladé, alla guida del Fronte popolare
repubblicano, e pastori noti come Mbarara hanno attaccato due villaggi della regione
di Batangafo, uccidendo quattro persone e rapendone altre due. Nell’assalto hanno
saccheggiato cibo e altri beni di prima necessità oltre ad avere appiccato il fuoco
a una cappella cattolica e a raccolti di cotone. Un migliaio di persone sarebbe fuggita
in direzione del capoluogo di Batangafo. Un deputato locale, Ninga Wong Mallo, sostiene
che la lotta per il possesso della terra, in un contesto globalmente insicuro, sta
rendendo più difficile la convivenza tra pastori e agricoltori. Inoltre, negli ultimi
mesi si è verificato un rincaro generalizzato dei prezzi del cibo, un fatto che ha
reso ancora pù urgente la necessità di rilanciare l’agricoltura. “In una zona considerata
il granaio del Paese, l’insicurezza quotidiana alimentata da innumerevoli gruppi armati
ha acuito tensioni già latenti ma soprattutto continua a costringere le popolazioni
ad abbandonare le attività agro-pastorali, mettendo a rischio la sicurezza alimentare
e ipotecando lo sviluppo economico di intere regioni” denuncia mons. Nzapalaïnga,
che invita il governo del Presidente François Bozizé e tutte le formazioni ribelle
a “dare prova di maggiore volontà nel dialogo e nel ristabilire la sicurezza nell’interesse
globale” del Centrafrica. Negli ultimi mesi, “un po’ per mancanza di mezzi un po’
anche per minore volontà politica”, si è bloccato il programma per il disarmo e il
reinserimento (Ddr) degli ex ribelli. “Anche se i capi dei movimenti decidono lo scioglimento,
come nel caso dell’Esercito popolare per la restaurazione della democrazia (Aprd)
di Jean Jacques Demafouth, – continua l’arcivescovo – non è detto che la base li segua
e aderisca al programma. Purtroppo per molti giovani che hanno sempre vissuto con
le armi in mano, continuare a impugnarle rappresenta la certezza di un guadagno maggiore
rispetto alle indennità versate dalle autorità”. Secondo mons. Nzapalaïnga, serve
“un progetto a medio-lungo termine che passi attraverso l’istruzione e la formazione
professionale invece che attraverso una lotta per la sopravvivenza quotidiana che
in tempi brevi priverà il Paese della sua risorsa principale: la gioventù”. (R.P.)