2012-05-23 14:14:44

Centrafrica. L'arcivescovo di Bangui: contro l'insicurezza dare risposte ai giovani


“Gli ultimi fatti violenti di Bafondo e Gofo sono emblematici di una situazione sempre incerta nelle regioni settentrionali del Centrafrica, nonostante la dissoluzione di uno dei principali gruppi armati. Ci sono ancora centinaia di giovani che non intendono deporre le armi, rappresentano mine vaganti per sé stessi e per le popolazioni delle zone rurali povere: vivono di racket e saccheggi ai danni dei civili. Dal punto di vista dei giovani armati è l’unico modo per sopravvivere senza un’alternativa solida e concreta per il loro reinserimento sociale”. Ad esprimere all'agenzia Misna la preoccupazione della Chiesa centrafricana per l’instabilità persistente di un’ampia area del territorio confinante con il Ciad è il nuovo arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonné Nzapalaïnga. Domenica, secondo la ricostruzione dei fatti diffusa dall’emittente locale ‘Radio Ndeke Luka’, ribelli del generale ciadiano Baba Ladé, alla guida del Fronte popolare repubblicano, e pastori noti come Mbarara hanno attaccato due villaggi della regione di Batangafo, uccidendo quattro persone e rapendone altre due. Nell’assalto hanno saccheggiato cibo e altri beni di prima necessità oltre ad avere appiccato il fuoco a una cappella cattolica e a raccolti di cotone. Un migliaio di persone sarebbe fuggita in direzione del capoluogo di Batangafo. Un deputato locale, Ninga Wong Mallo, sostiene che la lotta per il possesso della terra, in un contesto globalmente insicuro, sta rendendo più difficile la convivenza tra pastori e agricoltori. Inoltre, negli ultimi mesi si è verificato un rincaro generalizzato dei prezzi del cibo, un fatto che ha reso ancora pù urgente la necessità di rilanciare l’agricoltura. “In una zona considerata il granaio del Paese, l’insicurezza quotidiana alimentata da innumerevoli gruppi armati ha acuito tensioni già latenti ma soprattutto continua a costringere le popolazioni ad abbandonare le attività agro-pastorali, mettendo a rischio la sicurezza alimentare e ipotecando lo sviluppo economico di intere regioni” denuncia mons. Nzapalaïnga, che invita il governo del Presidente François Bozizé e tutte le formazioni ribelle a “dare prova di maggiore volontà nel dialogo e nel ristabilire la sicurezza nell’interesse globale” del Centrafrica. Negli ultimi mesi, “un po’ per mancanza di mezzi un po’ anche per minore volontà politica”, si è bloccato il programma per il disarmo e il reinserimento (Ddr) degli ex ribelli. “Anche se i capi dei movimenti decidono lo scioglimento, come nel caso dell’Esercito popolare per la restaurazione della democrazia (Aprd) di Jean Jacques Demafouth, – continua l’arcivescovo – non è detto che la base li segua e aderisca al programma. Purtroppo per molti giovani che hanno sempre vissuto con le armi in mano, continuare a impugnarle rappresenta la certezza di un guadagno maggiore rispetto alle indennità versate dalle autorità”. Secondo mons. Nzapalaïnga, serve “un progetto a medio-lungo termine che passi attraverso l’istruzione e la formazione professionale invece che attraverso una lotta per la sopravvivenza quotidiana che in tempi brevi priverà il Paese della sua risorsa principale: la gioventù”. (R.P.)







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