Argentina: i vescovi su terapie per malati terminali e "gender"
In merito alla recente approvazione da parte del Parlamento argentino di due disegni
legislativi che fissano le regole per le terapie da somministrare ai malati terminali
e la cosiddetta libertà di scelta dell’identità di genere, la Commissione esecutiva
della Conferenza episcopale ha diffuso una dichiarazione per precisare il pensiero
dei vescovi su questa delicata materia. Nel documento – ripreso da L’Osservatore Romano
– i presuli affermano di condividere l’obiettivo della “Legge sulla morte dignitosa”
di evitare forme di accanimento terapeutico. “Mantenere una vita con metodi artificiali
— si legge - non è sempre moralmente obbligatorio. Va sottolineata anche l’importanza
attribuita alla volontà del paziente e a quella dei componenti della sua famiglia,
come parte dei diritti personali del paziente. Il rifiuto di questi mezzi artificiali
non è solo una scelta valida, ma può divenire consigliabile”. Tuttavia i presuli ribadiscono
il loro “netto rifiuto dell’eutanasia”. In questo senso essi si rammaricano del fatto
che la nuova normativa ammetta l’eventuale rifiuto da parte del paziente dell’idratazione
e dell’alimentazione assistita, come se si trattasse di una forma di accanimento terapeutico.
In realtà – afferma la nota - la sospensione dell’idratazione e alimentazione assistita
andrebbe considerata come una forma di eutanasia passiva. Per quanto riguarda la nuova
legge sull’identità di genere, i presuli argentini ricordano che “la diversità sessuale
non dipende solo da una decisione o da una convinzione di tipo culturale, ma affonda
le sue radici in un fatto della natura umana che ha un suo linguaggio e un suo significato.
Non riconoscendo il valore e la portata di questo fatto — sottolinea la nota - si
indebolisce il senso della sessualità nella diversità e complementarità che devono
guidare sia la vita delle persone sia il lavoro educativo e legislativo”. Per i vescovi
è molto grave “che la nuova legge consenta di manipolare l’identità sessuale dei bambini
e di colpirla in modo dannoso, forse irreversibile, anche contro la volontà dei genitori”.
La nota tiene a precisare che “con queste affermazioni non si vuole ignorare la realtà
delle persone che soffrono per questi motivi. La legge, in quanto ordinamento della
comunità, dovrebbe considerare tutti i casi nell’ambito di un quadro giuridico adeguato
e con le garanzie che questo implica”. Nella parte finale della dichiarazione si sottolinea
l’importanza di “rispettare l’obiezione di coscienza nell’applicazione di queste leggi
da parte di coloro che hanno diverse convinzioni”. (L.Z.)