Al via oggi a Baghdad i colloqui sul programma nucleare iraniano
C’è attesa per l’inizio dei colloqui oggi nella capitale irachena per la tornata di
colloqui sul nucleare iraniano. A Baghdad si incontrano i Paesi del cosiddetto “5+1”
(ovvero Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Cina, Russia più Germania). Ieri il direttore
generale dell'Aiea, Yukiya Amano tornando da Teheran ha parlato di tempi brevi per
la sottoscrizione di un accordo di cooperazione con la Repubblica Islamica. Rimane
lo scetticismo di Israele e le nuove sanzioni approvate dal Senato americano per fermare
le ambizioni nucleari dell’Iran. Massimiliano Menichetti ha chiesto a Giorgio
Alba, ricercatore indipendente su disarmo non proliferazione e sicurezza nucleare,
quale valenza hanno i colloqui di oggi a Baghdad:
R. – Ci muoviamo
in uno scenario in cui tutte le parti in causa, incluso Israele, hanno un interesse
almeno temporaneo a rinviare un incremento della tensione. Questo perché è un anno
elettorale negli Stati Uniti, perché in Russia si è instaurato il nuovo presidente,
in Israele ci saranno presto nuovamente le elezioni, Teheran comincia a soffrire del
problema delle sanzioni. Questa volontà di non aumentare la tensione ha permesso all’Agenzia
internazionale per l’energia atomica di svolgere questo ruolo di equilibrio tra le
parti.
D. – Cosa uscirà dall’incontro di Baghdad?
R. – Si porrà la premessa
per successivi negoziati che saranno eventualmente formalizzati per accordi limitati
a specifici punti presenti, a specifiche ispezioni dell’Aiea, a specifici siti ma
non una risoluzione generale della controversia. Questo può dare un segnale positivo,
perché la possibilità di implementare accordi, seppur limitati, può mostrare agli
Stati Uniti la buona fede dell’Iran e all’Iran la buona fede delle Potenze occidentali.
Se vogliamo fare un riferimento anche all’Europa, un’eventuale entrata in vigore delle
sanzioni dal primo di luglio - l’embargo petrolifero - può avere un impatto negativo
sull’Iran ma sicuramente anche sull’Europa. Quindi, l’Europa in questo momento non
si può permettere il lusso di attivare una politica eccessivamente aggressiva se la
minaccia non è reale. Poiché la minaccia fino ad oggi non è mai stata reale ma è stata
quella di prevenire un problema potenziale futuro, la soluzione immediata è quella
di cercare soluzioni temporanee per vedere se nel futuro le parti, successivamente
alle elezioni del presidente degli Stati Uniti, raggiungano un accordo definitivo.
D.
– Eppure proprio il senato degli Stati Uniti ha varato nuove sanzioni economiche nei
confronti di Teheran?
R. – Rispetto alla questione delle sanzioni gli Stati
Uniti hanno due politiche, una politica del presidente Obama, democratico, e una politica
espressa dal Congresso, che è a maggioranza repubblicana. Questo può creare problemi.
D.
– Il direttore generale dell’Aiea tornando da Teheran ha parlato di un’atmosfera positiva
e ha ribadito: presto ci sarà un accordo sulle ispezioni. Eppure su questo punto Teheran
ha sempre temporeggiato, se non addirittura cambiato idea…
R. – Fino ad oggi
è stato di estrema utilità per l’Iran per evitare o ritardare ulteriori sanzioni o,
se effettivamente esiste, ipoteticamente, un programma militare nucleare, per guadagnare
tempo o per sviluppare ulteriormente il programma, prima della scoperta ufficiale
da parte della comunità internazionale. Il guadagnare tempo oggi, invece, non è particolarmente
nell’interesse di Teheran ma principalmente nell’interesse di Israele, degli Stati
Uniti o dell’Europa. Cina e Russia sono attori che stanno alla finestra che hanno
interessi comuni all’Occidente ma che hanno anche interesse a vedere l’Iran forte,
in maniera tale da bilanciare la consistente presenza da parte dell’Occidente nel
Medio Oriente e nell’Asia centrale.
D. – Da una parte, Teheran continua a ribadire
che il nucleare è soltanto per scopi civili, dall’altra lo scetticismo della comunità
internazionale. Se ci deve essere un accordo questo farà luce sulla questione?
R.
– Teniamo presente che da un punto di vista di realpolitik, se anche l’Iran ha avuto
un programma militare, se Teheran dovesse aggiungere un accordo, probabilmente noi
non lo sapremo mai. Ci saranno ispezioni, saranno eliminate le prove, i Paesi occidentali,
pur sapendo che l’Iran ha avuto per un certo periodo un programma che mirava al nucleare
militare, chiuderà uno o due occhi in cambio del fatto che nella realtà dei fatti
Teheran interrompa questo programma. Quindi, si salva la faccia di tutti gli attori
coinvolti. Gli Stati Uniti non dovranno fare un intervento militare che potrebbe essere
estremamente costoso e politicamente dannoso e Teheran potrà dire che il suo diritto
inalienabile all’energia nucleare non è stato violato.
D. - Dunque a livello
internazionale c’è interesse affinché l’Iran non diventi un vero e proprio teatro
di guerra…
R. – Assolutamente sì. Da un punto di vista di geopolitica, geostrategia,
teniamo presente che le questioni principali al momento sono due: la Siria e l’instabilità
a livello del Medio Oriente con i cambiamenti di governo democratici o semidemocratici.
Dobbiamo ricordarci che la Siria in particolare ha armi chimiche che non devono ovviamente
entrare nelle mani di eventuali terroristi e non devono quindi uscire dal controllo
di Assad.