Il dramma del nucleare a teatro: in Italia l'opera "Three Mile Island"
Prima esecuzione italiana, questa sera, al Teatro India di “Three Mile Island”, opera
multimediale coprodotta da Istituzione Universitaria dei Concerti, Accademia Filarmonica
Romana e il Centro per l’Arte e la Tecnologia dei media di Karlsruhe, che racconta
l’incidente che colpì nel 1979 una delle maggiori centrali nucleari degli Stati Uniti.
Nel pomeriggio di oggi, alle 17.30, nel foyer del Teatro si tiene una tavola rotonda
sul tema “La cortina di Fumo. Incidenti e contaminazioni nucleari: quali informazione?”
con la partecipazione della Premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi e testimonianze
da Fukushima. Il servizio di Luca Pellegrini:
Un tentativo
sicuramente originale per raccontare a teatro, con la musica di Andrea Molino e la
drammaturgia di Guido Barbieri, il primo grave incidente avvenuto in una centrale
nucleare, quello che all’alba del 28 marzo 1979, a causa del surriscaldamento di un
reattore della centrale nucleare di Three Mile Island, nello stato della Pennsylvania,
creò paura, panico, danni, accuse e responsabilità, una débâcle per la natura e per
l’uomo. Una verità tenuta nascosta per quasi trent’anni e che il giornalista tedesco
Karl Hoffmann ha scoperto e rilanciato in un’intervista televisiva fatta allo
scomparso Ignaz Vergeiner, un meteorologo dell’Università di Vienna, che redasse un
rapporto sconvolgente: la nube tossica fuoriuscita dalla centrale dopo l’incidente
era letale. Abbiamo chiesto al giornalista tedesco come questo fatto di cronaca è
diventato uno spettacolo:
R. - Anzitutto, doveva essere qualcosa di diverso:
il personaggio di cui stiamo parlando - Ignaz Vergeiner, uno scienziato che ha rivelato
una verità su quell’incidente Three Mile Island - voleva fare insieme a me, che lo
sconoscevo da quasi trent’anni, un documentario su questa sua verità. Poi, si è ammalato
e abbiamo capito che non ce l’avrebbe fatta a fare questo suo ultimo viaggio in America
per fare quel lavoro, che poi è diventato spettacolo. Dopo la sua morte, l’idea del
reportage è rimasto nel cassetto e insieme si è creato poi questo spettacolo, che
è un’altra forma di rappresentazione, sempre sullo stesso tema, quello cioè di dire
la verità su una cosa che non si deve nascondere.
D. - Che cosa insegnano ancora
oggi questi fatti, che molti di noi hanno dimenticato?
R. - E’ la prima volta
e devo dire che rende i contenuti giornalisti estremamente visibili, intensi ed importanti.
Credo che il pubblico, già nella prima di Karlsruhe, aveva capito con grande forza
quello che era il contenuto e la verità di Ignaz Vergeiner, quel filone etico, che
è all’interno di questa storia: una verità negata, una verità chiara che poi per motivi
politici, sociali e anche semplicemente per dimenticanza, alcune cose vengono messe
all’oblio e poi alla fine rimangono solo le vittime, che rimangono sole. Si spera
che questa eredità dello scienziato Ignaz Vergeiner porti ad una nuova discussione
su quello che era successo 30 anni fa. Almeno questa è la speranza che abbiamo.