Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Omelia del cardinale Bagnasco
L’evangelizzazione è una forma di comunicazione, dove s’impara ad ascoltare prima
che a parlare, e dove si tratta di trovare sempre un nuovo equilibrio tra silenzio,
parola, immagini, suoni”. Così il card Bagnsco, presidente della Cei celebrando la
46ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali nella basilica di Santa Maria sopra
Minerva. Il porporato ha invocato un informazione di vero servizio alla comunità,
ispirata all’amore di verità e rispttosa di tutti quindi l’appello a non cedere alla
''dittatura delle opinioni''.
Ecco il testo integrale dell'omelia del cardinale
Angelo Bagnasco:
Cari Giornalisti e Operatori della Comunicazione sociale,
la solennità dell’Ascensione che oggi abbiamo la gioia di celebrare insieme porta,
a compimento la parabola della vita di Gesù, Verbo di Dio incarnato, morto, risorto.
Gesù è sottratto allo sguardo dei suoi discepoli, i quali d’ora in poi sono chiamati
a vivere nell’attesa del suo ritorno glorioso annunciando il Vangelo ad ogni creatura.
Da un lato Cristo viene sottratto ai nostri occhi, dall’altro comincia ad essere annunciato
ad ogni creatura. Sembra di cogliere in questa apparente contraddizione una conferma
di quanto Benedetto XVI ha proposto alla riflessione comune per l’odierna Giornata
Mondiale della Comunicazioni Sociali, il cui tema è: ”Silenzio, Parola: cammino di
evangelizzazione”. Il contrasto è solo di superficie giacché il silenzio non è il
contrario della Parola, ma ne costituisce l’altro volto, è il grembo fecondo da cui
soltanto può sbocciare la Parola. Proprio l’ascolto orante dei brani biblici che sono
stati appena proclamati ce ne offre una conferma illuminante e incoraggiante allo
stesso tempo.
Il brano degli Atti descrive in modo plastico l’ascensione e
ci ricorda che in Cristo, l’uomo è entrato in modo inaudito e nuovo nell’intimità
di Dio. Indica che il “cielo” non è un luogo sopra di noi, ma è il trovare posto dell’uomo
in Dio. Grazie a Gesù che “siede alla destra del Padre” anche noi possiamo stare alla
presenza di Dio, nella misura in cui ci avviciniamo ed entriamo nella via del Vangelo.
Si comprende allora il senso dell’affermazione rivolta a quegli uomini di Galilea:
“perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto
in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”. Gesù non cessa
di essere presente in mezzo a noi, anzi, per mezzo di noi, vuole essere ancor più
presente nella storia. Di qui il dovere della missione, della testimonianza, della
predicazione. Non ci è consentito di attardarci ad ipotizzare il futuro o ad attendere
inoperosi o peggio distratti. Ci è chiesto piuttosto di prolungare la sua presenza
visibile attraverso l’esperienza viva della Chiesa. Nel periodo che intercorre tra
la resurrezione ed il ritorno del Signore alla fine dei tempi, l’evangelizzazione
è la forma che rende possibile l’esperienza della salvezza che cambia l’esistenza
dell’ uomo. Si tratta di un dovere, ma ancor più di un bisogno dell’anima che non
può trattenere la gioia solo per sé ma desidera condividerla con il mondo. Ciò esige
che ciascun discepolo senta rivolta anzitutto a sé la domanda radicale sulla fede
e intensifichi personalmente la sua ricerca del Volto santo di Dio. Diversamente,
non si avranno degli annunciatori, ma solo dei propagandisti che non suscitano interesse
alcuno.
L’evangelizzazione è una forma di comunicazione dove si impara ad ascoltare
prima ancora che a parlare e dove si tratta di trovare sempre un nuovo “equilibrio
tra silenzio, parola, immagini, suoni”, come suggerisce Benedetto XVI nel suo Messaggio.
Anche nella comunicazione sociale che costituisce l’oggetto del vostro lavoro, è necessario
rinvenire un tale ‘ecosistema’. Il silenzio è infatti condizione dell'ascolto di sé,
della contemplazione, del discernimento, senza dei quali non esiste libertà vera,
ma si resta risucchiati dall'ambiente e quasi anestetizzati dalle sue sollecitazioni
caotiche. Soprattutto oggi il flusso informativo sempre più incalzante rischia di
disorientare e di creare una sorta di saturazione del giudizio critico che è come
sopraffatto dalla mole di dati in nostro possesso. Il problema non è l’informazione,
ma la capacità di rielaborare un senso e dunque di cogliere una direzione di marcia
rispetto a quello che sta accadendo: per questo si richiede un esercizio continuo
di vigilanza e di critica che non abdichi alla nostra libertà e sappia farsi carico
della complessità del reale. A ciò si aggiunga un altro elemento che è la capacità
del silenzio di rendere corposa la parola che utilizziamo. Immaginiamo i ritmi obbligati
e incalzanti del vostro lavoro, che certamente non favoriscono tempi prolungati di
silenzio e di meditazione, ma restano comunque un’esigenza e sono certo un desiderio
per ciascuno di voi. Senza, sappiamo tutti quanto sia più difficile mantenere la barra
diritta del nostro agire senza cedere alla dittatura delle opinioni.
La capacità
di esercitare un sano discernimento, la libertà interiore rispetto ai condizionamenti
esterni, nonché l’amore alla verità rispettosa di tutti, nell’orizzonte deontologico
che vi specifica, sono fra le qualità più necessarie per una comunicazione che sia
un vero servizio alla crescita della comunità e dell’anima di un popolo. Mentre Vi
ringrazio di cuore per l’impegno che mettete ogni giorno nel Vostro delicata e decisiva
attività di comunicazione, prego con Voi il Signore perché “illumini gli occhi del
vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di
gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della
sua potenza verso di noi che crediamo…” (Efesini, 1, 18-19).