"2011. L'anno che ha
sconvolto il Medio Oriente" (Edizioni Terra Santa) è il libro che la giornalista Manuela
Borraccino ha appena pubblicato, raccogliendo interviste e testimonianze di minoranze
alle prese con una difficile transizione e con la crescita dell'islam politico. Il
gesuita P. Samir Khalil Samir, islamologo egiziano, ne ha curato un saggio introduttivo
sulla primavera araba. Ai nostri microfoni offre un quadro della situazione in Egitto,
suo Paese d'origine, che si prepara alle elezioni presidenziali del 23-24 maggio:
"L’ideale straordinario con cui è iniziata la protesta in Egitto, non una vera e propria
rivoluzione, è in parte tradito. Due mesi dopo l’inizio infatti sono subentrati i
Fratelli musulmani, un pò dopo i salafiti, cioè le tendenze islamiste meno moderate.
Mentre il movimento iniziale era laico, promuovendo l'ideale di una società civile
dove la religione ha la sua parte ma non si impone alla società. Ciò che succederà
dopo il voto sarà un compromesso. La questione cruciale, prima ancora di quella religiosa,
è assicurare un minimo di vita degna agli egiziani: si sa che più del 40% della popolazione
vive praticamente nella miseria. Assicurare il lavoro, l’uguaglianza tra le varie
parti della società, prima di tutto tra uomini e donne, tra musulmani e non musulmani.
L’Egitto ha la più grande comunità cristiana araba del mondo. E’ una minoranza forte
(10%). La maggioranza dei musulmani in Egitto vuole un islam moderato ma non sono
loro a fare le scelte. Le tendenze politicizzate sono quelle più radicali. Vogliono
imporre un sistema che ci fa tornare ai secoli dell’inizio dell’islam". Sulla Siria,
P. Samir definisce "tragica la situazione, la più tragica del mondo arabo. Il governo
ha troppo resistito a fare le riforme - sottolinea il gesuita - ci sono stati troppi
morti. L’unica soluzione è il piano proposto da Kofi Annan: prima deporre le armi
e poi costituire un comitato di mediazione. Qui i cristiani vivevano relativamente
tranquilli con il regime baathista laico. Quella che era all’inizio un’opposizione
non violenta è ora in mano al Qatar, all’Arabia e altri paesi esterni islamici. Le
tendenze più radicali (i salafiti e i fratelli musulmani) cercano di prendere il potere
perché hanno in odio sia il regime baathista sia l’islam sciita che, visto dal sunnismo
della penisola arabica, è considerato il peggiore nemico. Rischiamo dunque di trovarci
tra una dittatura neutrale dal punto di vista religioso e un progetto di non dittatura
ma che rischia di diventarlo, con marchio sunnita". In vista del prossimo viaggio
apostolico di Benedetto XVI in Libano, P. Samir ricorda quanto "i musulmani ascoltano
volentieri ciò che i cristiani propongono in questo paese. perché il cristianesimo
fa parte integrante del Libano; anche se il numero dei cristiani è diventato inferiore
a quello dei musulmani, giuridicamente c’è parità. Il Papa arriverà dunque in un paese
che ascolta una parola di pace e di costruzione di un nuovo Medio Oriente, basato
sulla pace, sulla coesistenza, sulla modernità integrata con la fede. Questo del resto
- precisa - è progetto del Sinodo per il Medio oriente. La parola del Papa è attesa
perché la scomparsa dei cristiani è sentita come una perdita gravissima per il mondo
arabo. In sostanza il Papa andrà a confermare la missione dei cristiani per un progetto
di società giusto, equilibrato, che tenga conto della fede ma che si apra alla modernità,
all’Occidente, a Israele, al mondo intero. (di Antonella Palermo)