Corte di Strasburgo: bocciata richiesta di un prete sposato di insegnare religione
nelle scuole
La Corte europea dei diritti dell’uomo si è espressa due giorni fa sul caso del sacerdote
Fernández Martínez, al quale i vescovi spagnoli avevano deciso di non rinnovare il
contratto per l’insegnamento della religione, in seguito alla pubblicazione di un
articolo che ne ha reso pubblica l’appartenenza al “Movimento per il celibato opzionale”.
Sposato e padre di cinque figli, riferisce il Sir, Martínez ha ottenuto nel 1997,
dalle autorità vaticane, la dispensa dal celibato da lui richiesta, accompagnata dalla
precisazione che ai beneficiari di tale dispensa non era consentito l’insegnamento
della religione cattolica nelle istituzioni pubbliche, a meno che il vescovo locale
non avesse deciso altrimenti. Dopo i ricorsi al tribunale del lavoro di Murcia, all’Alta
Corte di giustizia e alla Corte costituzionale, Martínez si è rivolto alla Corte di
Strasburgo invocando l’articolo 8 della Convenzione europea, sul diritto al rispetto
della vita privata; lamentando di essere stato discriminato, ha affermato che “il
mancato rinnovo del contratto a causa della sua situazione personale e familiare aveva
appunto violato il suo diritto alla vita privata e familiare”. In sintesi, la Corte
doveva decidere quale diritto dovesse prevalere: se quello del sacerdote o quelli
della Chiesa ai sensi degli articoli 9, diritto alla libertà di religione, e 11, sulla
libertà di associazione. “Le circostanze motivanti il mancato rinnovo del contratto”
ha stabilito la Corte, “sono di natura strettamente religiosa”; in virtù del “principio
della neutralità religiosa dello Stato”, infatti, “esso non può pronunciarsi su questioni
come il celibato dei preti”. Pertanto, “le autorità ecclesiastiche hanno adempiuto
agli obblighi derivanti dalla loro autonomia religiosa” e da parte delle “giurisdizioni
competenti” non vi è stata “alcuna violazione dell’art. 8”. (G.M.)