"Save the children": un minore su 4 a rischio povertà in Italia
“Il paese di Pollicino” è il nuovo dossier curato da Save The Children, che denuncia
come in Italia il 22,6% dei bambini sia a rischio povertà. L’Organizzazione affida
quindi al governo Monti le sue proposte affinché si dimezzi la povertà minorile estrema
e per tutto il mese di maggio lancia “Ricordiamoci dell’infanzia” una campagna in
aiuto ai bambini a rischio. Servizio di Francesca Sabatinelli:
L’Italia
dimentica i suoi figli. Un minore su 4, oggi, è a rischio povertà, che tra il 2006
e il 2010 ha colpito soprattutto i bambini. Questa situazione, denuncia Save The Children,
non è frutto solo della crisi che si sta vivendo, ma viene da lontano. Matteo Rebesani,
co-curatore del rapporto “Il paese di Pollicino”: "E’ una povertà che ha radici
lontane, perché non è da oggi che gli adulti si dimenticano dei bambini. E’ da molti
anni che l’Italia non investe sull’infanzia: l’1,4 del Pil contro una media del 2,3
e questa è una costante da molti anni. Questo fa sì che i servizi per i bambini in
Italia siano molto scarsi".
Mancano gli asili nido, scuole di qualità
e spazi per il gioco e il movimento, necessari ad una crescita serena, denuncia l’organizzazione.
Accanto a questo poi a gravare sulla vita dei bimbi il basso reddito familiare. Ancora
Matteo Rebesani:
"Purtroppo, crescendo e diventando adolescenti, vivono
naturalmente condizioni ancora peggiori. Si sta diffondendo, ancora una volta e soprattutto
al sud, ma non solo, anche al nord, la piaga dello sfruttamento del lavoro minorile.
La crisi economica certo aggrava tutto questo, perché anche quei 50-60 euro che un
ragazzo può raccogliere lavorando in nero in un bar, contribuiscono ad un bilancio
familiare che altrimenti non consentirebbe di arrivare a fine mese".
Sono
diversi gli identikit dei bambini ad alto rischio povertà. Bimbi che vivono in famiglie
numerose, bambini del sud e di origine stranera, ad aprire la lista coloro che vivono
con un solo genitore:
"Spesso è la donna, spesso a seguito di una separazione
magari non facile, e che quindi non riesce a conciliare il proprio lavoro – quando
c’è naturalmente – con la cura del figlio. E proprio su questo noi abbiamo fatto delle
proposte concrete per cercare di andare incontro a queste mamme giovani e sole. Ci
sono giovani coppie che subiscono il fatto che il mercato del lavoro impone loro spesso
contratti precari o sottopagati, spesso i redditi di due giovani di 30-35 anni non
sono sufficienti ad avere condizioni di vita accettabili".
Save the Children
articola quindi proposte concrete quali sgravi fiscali per ogni figlio a carico, i
“Junior Voucher” per l’acquisto di beni essenziali per il bambino, l’utilizzo dei
fondi europei per la creazione di nuovi asili nido, soprattutto dove mancano, nelle
regioni del Sud Italia:
"E poi interventi soprattutto per le mamme: aiutare,
per esempio, creando un fondo di garanzia per le mamme, tutte quelle mamme con reddito
basso che vogliono diventare imprenditrici, che hanno una capacità propria, un’idea
propria, ma gli manca il credito per poterla mettere in atto. E poi vogliamo coinvolgere
le imprese, non solo le istituzioni e non solo il pubblico, ma chiedere anche alle
imprese, alle grandi ma anche alle piccole e medie imprese, di prevedere nei propri
contratti con i propri dipendenti non solo gli asili aziendali, ma anche la possibilità
– come si faceva una volta, forse molti anni fa – di attivare campi scuola estivi,
di attivare la possibilità di corsi di formazione per i bambini, borse di studio per
andare all’università. Tutte misure che permettano ai minori di famiglie con un reddito
più basso di avere le stesse opportunità dei loro coetanei".
Save the Children
propone poi di ricorrere a strumenti esistenti ma finora totalmente inutilizzati.
Rabesani:
"Noi abbiamo scoperto in questa ricerca che esiste una legge sui
diritti sportivi e commerciali, che destinava il 4 per cento di questi diritti – 35
milioni di euro, non tantissimi, ma comunque sempre 35 milioni di euro – per sostenere
i giovani nello sport. Dal 2008 ad oggi questa legge non è stata applicata e quindi
quello che noi chiediamo è che venga applicata da subito e che il 4 per cento dei
diritti sportivi – quindi quelli delle squadre di calcio che certo non hanno problemi
di soldi – possano essere destinati all’infanzia. Le risorse, andando a cercare nelle
pieghe, si trovano, basta volerlo. Gli altri Paesi lo fanno!".