"Migramed 2012", convegno a Cagliari delle Caritas del Mediterraneo
Al via oggi oggi a Cagliari 'Migramed 2012: dialogo tra le sponde', il terzo convegno
internazionale delle Caritas del Mediterraneo. Tre giornate di confronto, promosse
da Caritas italiana e dalla Caritas diocesana locale, per cercare strategie comuni,
valutando gli effetti della "Primavera araba" in Nord Africa e Medio Oriente e il
ruolo dell'Europa travolta dalla crisi economica e alle prese con l'emergenza umanitaria
profughi. Su questi temi, Fabio Colagrande ha sentito Oliviero Forti,
responsabile dell'Ufficio Immigrazione della Caritas italiana:
R. - Da un lato
abbiamo i movimenti del Nord Africa e del Medio Oriente che hanno avuto dei riflessi
in termini di arrivi sulle nostre coste. Ancora oggi, stiamo affrontando la situazione
in termini di accoglienza, perché, voglio ricordare ai radioascoltatori, che la rete
delle Caritas diocesane garantisce tremila posti di accoglienza per coloro che sono
giunti dalla Libia fino ad agosto dello scorso anno. Dall’altro lato, evidentemente
in Italia c’è una crisi economica che non può essere sottovalutata anche nell’ottica
di un corretto processo di integrazione di queste persone, perché come sappiamo, molte
sono fuggite dalla guerra, ma molte altre sono venute per motivi economici. Quindi
anche l’inserimento pone, in momenti di crisi, delle difficoltà che chiaramente solo
qualche anno fa, non avevamo a riguardo.
D. - Cagliari come sede di Migramed
2012 non è un caso; è stata scelta proprio perché è stata una Caritas impegnata in
prima linea nell’accoglienza dei richiedenti asilo che arrivavano lo scorso anno dalla
Libia...
R. - Certamente. Questo è il terzo appuntamento di Migramed. Il primo
è stato in Sicilia, il secondo per evidenti ragioni legate alla situazione di emergenza
dello scorso anno, abbiamo dovuto tenerlo a Roma in forma ridotta. Quest’anno lo rilanciamo
in una forma più allargata a Cagliari, alla presenza di tutti i Paesi del Mediterraneo,
dal Marocco fino al Libano, passando per la Grecia, Spagna, Francia: un coinvolgimento
ad ampio spettro, perché abbiamo tutti bisogno di capire cosa sta accadendo, e soprattutto
quali saranno le prospettive nel medio e nel lungo periodo, perché le incognite, nonostante
le primavere arabe sono molte, a partire dalla Libia: il ministro degli Esteri libico,
solo qualche giorno fa, ricordava all’omologo ministro degli esteri italiano, come
dalla Libia potrebbero riprendere a breve sbarchi e partenze. Abbiamo notizia di migliaia
di persone pronte a lasciare il Paese per raggiungere le nostre coste.
D. -
Quanti sono i rifugiati dalla Libia giunti in Italia, dopo il conflitto dello scorso
anno nel Paese nordafricano?
R. - Sono certamente oltre 25 mila; a questi si
aggiungono anche i circa 20 mila e qualcosa di più che sono giunti dalle coste tunisine,
quindi cittadini tunisini. È evidente che per quanto riguarda la Tunisia, assistiamo
a degli sbarchi: solo la settimana scorsa, a Mazara del Vallo, abbiamo avuto l’ennesimo
sbarco da questo Paese nonostante gli accordi. Chiaramente un numero inferiore rispetto
a quelli che avevamo visto solo un anno fa, però questo a dimostrazione del fatto
che un po’ tutto il Nord Africa, ancora costituisce un serbatoio, sia in termini di
persone che giungono da quei Paesi, sia di persone che transitano per quei Paesi come
nel caso della Libia.
D. - La Caritas italiana in occasione di Migramed 2012
ribadisce però, che purtroppo gli enti locali come le Caritas incaricate dell’accoglienza,
hanno difficoltà perché le erogazioni di denaro statale sono in ritardo...
R.
- Colgo l’occasione anche per lanciare nuovamente un appello al nostro governo affinché
intervenga quanto prima. Non ne farei più un problema solamente economico. Ma io partirei
proprio dalla necessità di garantire a queste persone uno stato giuridico certo. Questa
è - come dire - una condizione che fin dall’inizio di questa emergenza, quindi anche
con il governo precedente, non è mai stata affrontata e risolta come si è chiesto
da più parti: ovvero dare un permesso di soggiorno a queste persone. Il vantaggio
quale sarebbe: da un lato, di emanciparle da una condizione di assoluta precarietà
esistenziale, dall’altro chiaramente aiutare il nostro Paese in una fase di crisi
- e richiamiamo qui la crisi economica - perché queste accoglienze costano molto.
Quindi poter dare un permesso del genere, significa poter far uscire queste persone,
e garantirgli quei processi di integrazione particolarmente necessari in questa fase.