Crisi Ue. Monti: siamo in piena emergenza. Grecia di nuovo al voto, la Spagna rischia
l'uscita dai mercati
"Le prossime settimane saranno decisive per il futuro dell'Italia e dell'Unione europea”.
Così il premier Mario Monti, durante la conferenza stampa al termine della missione
annuale del Fondo monetario internazionale, secondo cui sono rimarchevoli i progressi
compiuti dall’Italia negli ultimi mesi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Riforme strutturali,
consolidamento fiscale e rafforzamento del sistema bancario sono i tre punti chiave
indicati nel rapporto annuale del Fondo monetario internazionale sull'Italia. Il premier
Mario Monti, che sabato prossimo aprirà i lavori del G8 a Camp David, ha identificato
nella crescita, non nell’austerità, l’obiettivo dell’azione di governo. La crescita
futura – ha spiegato il premier – deve poter poggiare su “basi solide”, coniugando
disciplina di bilancio e riforme strutturali. I “semi” della crescita - ha affermato
il presidente del Consiglio - sono stati già piantati e attuando le riforme, il Pil
italiano potrebbe crescere del 6% nei prossimi anni. La politica di consolidamento
fiscale adottata dal governo - ha aggiunto - è decisiva “per evitare nuove manovre”,
anche in caso di un “deterioramento della congiuntura internazionale”. Intervenendo
al Forum della Pubblica Amministrazione e riferendosi alle forti tensioni nei confronti
di Equitalia, il premier ha ringraziato infine i dipendenti pubblici che affrontano
“particolari criticità” e assicurato il supporto costante e incondizionato del governo.
La
Bce vuole fortemente che la Grecia resti nell'euro, anche se non spetta a Francoforte
decidere. Lo ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi. Secondo il presidente
della Commissione Ue Barroso spetta ai greci decidere, ma e' bene – ha detto Barroso
- che sappiano che le prossime elezioni politiche fissate per il prossimo 17 giugno
''avranno un significato storico''. Ma cosa accadrebbe se effettivamente la Grecia
optasse per un’uscita dall’euro e un ritorno alla dracma? Salvatore Sabatino lo
ha chiesto a Ugo Bertone,direttore di “Finanza e Mercati”:
R. – Per la
Grecia sarebbe un brutto shock dal punto di vista del debito da saldare, che salirebbe
moltissimo, quindi ci sarebbe un momento molto difficile. Per altri Paesi, a partire
dall’Italia, le difficoltà sarebbero altrettanto rilevanti, perché all’improvviso
i mercati prenderebbero atto che l’Euro può anche cadere e che noi potremmo tornare,
un domani, alla vecchia Lira: aumenterebbe quindi il nostro costo, rispetto alla comunità,
per raccogliere denaro.
D. – Ora la Grecia varerà un governo ad interim, che
traghetterà il Paese verso nuove elezioni. Per antonomasia, un esecutivo ad interim
potrebbe svolgere solo funzioni di quotidiana amministrazione, in questo caso però
non sarà proprio così: ce la farà a reggere il peso della situazione venutasi a creare?
R.
– C’è un elemento, un dato sinistro: l’altro giorno, è scaduta una trance di debito
in mano agli operatori più aggressivi - ove il governo, dotato di tutti i poteri,
avrebbe probabilmente fatto opposizione a pagare quei soldi. La Grecia è così debole
che ha dovuto pagare 500milioni delle residue riserve, che non arrivano a 2miliardi,
e che rischiano di non essere sufficienti per le pensioni ed i salari. Credo che questo
mese di debolezza aggraverà di molto i problemi della Grecia.
D. – La cosa
che fa più riflettere, è che anche in questa situazione l’Europa non si mostra unita:
alcuni auspicherebbero l’uscita della Grecia, altri invece vorrebbero evitare questa
ipotesi. Affrontare il problema in maniera così disomogenea, non è un fallimento per
l’intera Unione Europea?
R. – Assolutamente sì, non è possibile pensare di
mettere d’accordo 27 teste su ogni problema, per combinare qualsiasi cosa. Soprattutto
non è possibile quando si comincia a creare l’ostilità, il malumore, nei confronti
del cugino ricco tedesco.
D. – Quali sono i Paesi più a rischio, dopo la Grecia?
R.
– Entro l’anno – dice Nouriel Roubini, che ahimè ci prende spesso - dopo la Grecia
toccherà al Portogallo, a Cipro e forse alla stessa Irlanda, che però può contare
su una protezione da parte della City ben diversa; a quel punto la prima linea la
si combatterà direttamente in Spagna. Ma tutti sono convinti almeno di una cosa: che
la vera partita di sopravvivenza dell’Euro riguarda l’Italia.
D. – Spagna ed
Italia sono i primi due Paesi grandi dell’Unione che soffrirebbero di una crisi così
importante...
R. – Assolutamente sì, tra l’altro la situazione – al di là del
condizionale – ormai è drammatica, perchè noi siamo sulla linea di resistenza, perchè
si dice che un tasso di interesse reale superiore al 6% è insostenibile, oltre ai
5/6 mesi. Noi siamo leggermente sotto, la Spagna è sopra già di un mese abbondante,
di questo passo il rischio collasso è veramente imminente.
D. – Ieri, l’atteso
incontro tra il nuovo presidente francese Hollande e la Merkel, a Berlino: Hollande
è stato eletto con una buona percentuale di consenso, la Merkel è appannata invece
dagli ultimi risultati elettorali, che hanno bocciato la sua politica di rigore. Questo
sbilanciamento può portare in primo piano la crescita e lasciare in secondo piano
il rigore?
R. – Sì, probabilmente nell’agenda europea sì, e qualche cosa si
potrà tirare fuori; ma purtroppo, per fare lo sviluppo e la crescita, o hai i capitali
o lo fai sul debito. Noi non possiamo fare un nuovo sviluppo sul debito – il noi in
questo caso è inteso come Europa, non solo come Italia – e per avere i capitali occorre
avere la fiducia da parte del resto del mondo e bisogna aprire i propri forzieri,
cosa che non stiamo facendo.
D. – Questo vuol dire che, ad esempio, aprire
le porte alla Cina potrebbe aiutare il destino dell’Europa?
R. – Rovesciamo
il discorso: la Cina ha appena dichiarato che ha interrotto gli acquisti di bond,
BTP e di ogni altra carta europea. Loro, in questo momento, compaiono per comprare
degli asset, per comprare il Porto del Pireo, infrastrutture, cose esistenti, piuttosto
che case di moda o il Colosseo. In questo momento, loro come tutti gli altri ritengono
che l’Europa abbia bisogno di dimostrare che ha voglia di crescere come continente,
oppure di cambiare, di fare qualcosa di diverso. Non dimentichiamo che noi stiamo
cominciando ad assaggiare la stessa medicina che abbiamo imposto ai Paesi asiatici
- a metà anni ’90 - e siamo stati anche abbastanza “cattivelli“ all’epoca. Quindi,
non stupisca se ora non sono tanto comprensivi nei nostri confronti.