Algeria. L'opposizione contesta i risultati elettorali. Il vescovo di Algeri: la gente
chiede più libertà
In Algeria, i partiti di opposizione – e in particolare quelli islamici – contestano
i risultati delle legislative del 10 maggio, che hanno visto una nettissima affermazione
del partito Fln del presidente Abdelaziz Bouteflika. Il segretario generale dell’Onu,
Ban Ki-moon, ha lodato lo “svolgimento pacifico” delle consultazioni. In un comunicato,
il numero uno del Palazzo di Vetro ha invitato “il governo algerino e tutti i partiti
politici a cooperare in modo inclusivo e pacifico per contribuire alla messa in opera
delle riforme politiche e istituzionali e rinforzare il processo democratico nel Paese”.
Sulla situazione, Davide Maggiore ha chiesto un commento all’arcivescovo di
Algeri, mons. Ghaleb Bader, intervenuto al Convegno “In ascolto dell’Africa”,
in corso alla Pontificia Università Urbaniana:
R. – Queste
elezioni erano attese, erano l’alternativa a tutto quello che è successo intorno a
noi. Si temeva un cambio - poteva succedere di tutto - ma visti i risultati vedo che
il Paese piuttosto ha preferito la continuità e la stabilità. Noi come Chiesa, come
cristiani, siamo tutti stranieri, quindi rispettiamo quello che il popolo ha scelto,
quello che l’Algeria vuole per sé. Accettiamo le scelte del popolo e andiamo avanti
anche noi, come Chiesa.
D. – Lei ha fatto cenno a quello che è accaduto nello
scorso anno nella regione, quella che è nota come “primavera araba”. La Chiesa algerina
come ha vissuto questi sommovimenti nei Paesi vicini, con che spirito?
R. –
Sempre nel rispetto, nell’accettare la scelta del popolo. Visto che noi non siamo
algerini, ci teniamo a seguire quello che succede alla fine e a rispettare quello
che il popolo ha scelto, quindi, abbiamo vissuto tutto questo nel rispetto ma anche
nell’augurio che questa gente arrivi ad avere quello che tutto il mondo vorrebbe:
ovvero, un po’ più di libertà, un po’ più di lavoro, di rispetto della persona umana,
della dignità dell’uomo.
D. – La Chiesa algerina è una Chiesa antica e tuttavia
oggi è una piccola minoranza nel Paese. Cosa significa essere cristiani in questo
contesto?
R. – Significa quello che vuol dire per ogni cristiano: vivere la
nostra fede dovunque noi siamo, perché non possiamo vivere in un ghetto. Cerchiamo
di vivere la nostra fede in contatto con la gente, cercando di metterci in ascolto
di questa gente, metterci al loro servizio, cercando di essere in dialogo con tutta
la popolazione.
D. – Il dialogo interreligioso è appunto una grande sfida per
la Chiesa algerina…
R. – Il dialogo, il vivere con l’altro è la nostra missione,
visto il nostro numero. Siamo quindi in contatto quotidiano con la gente e questo
ci mette in dialogo con loro. Vivendo insieme siamo già in dialogo: qualche scambio,
qualche domanda, qualche ricerca comune è il risultato del vivere insieme, soprattutto
come minoranza in mezzo a un oceano di credenti di altre religioni.
D. – In
che modo la Chiesa algerina cerca di mantenere viva la tradizione che le viene dai
grandi Santi e Padri della Chiesa dei primi secoli?
R. – E’ una sfida enorme:
pretendere come pastori di essere i successori di un Sant’Agostino, di un San Cipriano,
è un po’ presuntuoso, ma cerchiamo di vivere la nostra fede e di dare una testimonianza
vera, sincera della nostra fede. Sant’Agostino, Santa Monica, San Cipriano, Perpetua
e Felicita sono la nostra Chiesa e noi cerchiamo di mantenere viva la fiamma della
fede anche in questo Paese, anche in una situazione difficile come quella di oggi.