Progetto di promozione della donna in Burundi curato dal "Jesuit Refugee Service"
Imparare per sé e la propria famiglia il valore della dignità per migliorare la qualità
di vita nel proprio ambiente. È l’impegno assunto dal “Jesuit Refugee Service” (Jrs)
in favore delle donne in Burundi. L’iniziativa, lanciata nella diocesi di Rutana dall’organismo
di solidarietà dei Gesuiti, ha visto la creazione di un Centro didattico, nel quale
è possibile per le donne del posto migliorare la propria cultura e acquisire esperienze
di lavoro. La collega della redazione francese, Marie Duhamel, ne ha parlato
con Danilo Giannese, responsabile del JRS nella regione dei Grandi Laghi:
R. – E’ una
vera e propria fattoria didattica, nella quale forniamo alle donne più grandi e alle
più giovani che vivono nella zona competenze dal punto di vista dell’agricoltura e
dell’allevamento. Allo stesso tempo, abbiamo deciso di formarle offrendo loro anche
corsi di alfabetizzazione, quindi insegnando a leggere e a scrivere, a fare i calcoli,
e insegnando loro anche i diritti umani e i loro diritti specifici.
D. – Perché
puntare precisamente su di loro?
R. – Abbiamo deciso di puntare sulle donne
perché abbiamo constatato che in questa parte del Burundi, come in tanti altri Paesi
africani, la donna resta sfortunatamente più emarginata rispetto all’uomo. Però, sappiamo
benissimo che qui in Africa, e anche qui in Burundi, è veramente la donna che rappresenta
il motore della famiglia, è lei che va nei campi tutti i giorni… Abbiamo deciso allora
di puntare sulle donne perché siamo consapevoli che sono loro ad avere la possibilità
di lavorare per il diritto di una società più forte, di una società più solidale,
dove sia la pace a regnare. In più, in questa parte del Burundi accade spesso che
moltissimi uomini lascino le famiglie per andare a lavorare oltre i confini in Tanzania
per poi ritornare a casa dopo più di un anno.
D. – Avete avuto l’opportunità
di formare alcune donne e quali sono stati i risultati?
R. – I risultati sono
positivi, perché la maggior parte delle donne e delle ragazze non hanno avuto la possibilità
di andare a scuola, soprattutto perché i padri glielo hanno impedito. Ma una donna
che è capace di andare al mercato e riesce a contare i soldi da dare al commerciante,
o riesce a leggere il peso sulla bilancia di ciò che sta acquistando è una donna sicuramente
più soddisfatta di se stessa. E una donna che scopre i propri diritti, una donna che
inizia a prendere coscienza del proprio corpo è sicuramente una donna la cui mente
si apre: in lei scompare la paura del prossimo, del vicino, e a giovarne è tutta la
società. Già il piccolo fatto che la donna impari a produrre una maggiore quantità
di cibo, perché sa coltivare la terra in una maniera più razionale, è molto positivo
perché vuol dire che sempre più donne saranno in grado di produrre più quantità di
cibo e ciò potrà far diminuire gli episodi di furto.
D. – Davanti a queste
donne molto più indipendenti e emancipate, il marito è contento oppure fa difficoltà?
R.
– Lavorando nella regione dei Grandi Laghi, ci rendiamo sempre conto che nel momento
vengono sensibilizzati sul fatto che le donne hanno diritti e sul fatto che una donna
con diritti sia importante soprattutto per lo sviluppo della società, gli uomini iniziano
a capire che l’emancipazione verso cui vanno le loro donne anzitutto non vuol dire
che comporterà per loro la perdita il loro “status”. Inizieranno ad accettare il passo
in avanti delle proprie donne e inizieranno anche a beneficiare dei vantaggi di avere
mogli e madri per i loro figli con una coscienza maggiore di se stesse.