La Merkel ammette "sconfitta amara e dolorosa" nel giorno dell'eurogruppo a Bruxelles
''E' stato un giorno amaro con una sconfitta amara e dolorosa''. Così la cancelliera
tedesca Angela Merkel ha commentato il risultato delle elezioni in Nord Reno-Westfalia
dove è stata chiara la sconfitta del suo partito Cdu e la vittoria dell’Spd. Lo scossone
politico in Germania ma soprattutto l’incognita della Grecia che non ha ancora un
governo e la difficile situazione in Spagna, dove la crisi del sistema creditizio
si intreccia con quella per il debito sovrano, pesano sui mercati. Le Borse hanno
aperto in rosso con crescita dello spread oggi, nel giorno dell’Eurogruppo, a Bruxelles,
dedicato alla discussione di misure per la crescita economica in Europa. Prima dell’apertura
dei lavori, a metà pomeriggio, c’è stato in tarda mattinata uno scambio di vedute
tra i presidenti della Commissione europea, Barroso, della Bce, Draghi, e dell'Eurogruppo,
Juncker. Fausta Speranza ha intervistato Andrea Bonanni, editorialista
su questioni europee del quotidiano La Repubblica:
R. - L’uscita
di scena di Sarkozy e l’indebolimento della Merkel possono - non adesso, perché ancora
alla riunione di oggi sono presenti ancora gli esponenti del vecchio governo – alla
lunga cambiare gli atteggiamenti dei politici ma leggermente, non facciamoci grandi
illusioni. La crisi greca se non si risolve, può far precipitare l’uscita del Paese
dall’unione monetaria e quindi, naturalmente, creare enormi turbative sui mercati.
Sono due problemi di una magnitudo diversa: uno riguarda l’orientamento politico,
l’altro sarebbe una crisi precisa e puntuale. Ancora non si riesce a capire se si
riuscirà in Grecia ad avere un governo di salvezza nazionale, se si dovrà andare a
nuove elezioni e quale sarà il risultato che uscirà dalle urne in caso di nuove elezioni:
se i partiti favorevoli ad un’uscita dall’euro saranno ancora maggioritari, oppure
se i greci “intenderanno ragione” ed arriveranno a capire che un’uscita dalla moneta
unica per loro comporterebbe sacrifici ancora superiori a quelli già pesanti che hanno
dovuto accettare, per ottenere il prestito europeo.
D. – Come parlare di crescita
in questo contesto?
R. – Diciamo che il vento è già cambiato rispetto ai vertici
solo di qualche mese fa: non è solo la vittoria di Hollande, non è solo la sconfitta
della Merkel nel Reno-Wesfalia, ci sono le pressioni del governo italiano, che sono
state insistenti fino a quando Monti è arrivato a Palazzo Chigi per inserire degli
elementi di crescita nell’agenda. Il problema è che non si sa ancora esattamente che
cosa fare: ci sono dei veti tedeschi che appaiono, fino a questo momento, inamovibili,
come per esempio quello sugli eurobond o quello sulla trasformazione della Banca Centrale
Europea in prestatore di ultima istanza. Su altri, invece, ci sono maggiori disponibilità,
per esempio sui project bond: cioè il fatto di usare una parte del bilancio UE per
finanziare degli investimenti in settori produttivi ed in settori di avanguardia;
o come la possibilità di ricapitalizzare la Banca Europea degli investimenti di 10
miliardi (cosa che fino a qualche mese fa era ancora in forse, ma che adesso sembra
acquisita). C’è poi un’idea - ma su questo c’è contrasto all’interno del mondo politico
tedesco - di allentare un po’ le redini all’economia della Germania, in modo che possa
crescere maggiormente, aumentare i salari e con questo consentire alla Germania di
riprendere il suo ruolo di locomotiva dell’economia europea, facendo trainare le esportazioni
degli altri Paesi.