"Lex et religio": in un convegno i rapporti tra Cristianesimo e ordinamenti giuridici
La legge e la religione nell’età tardoantica, i legami tra vita civile e culti, l’influsso
del cristianesimo negli ordinamenti giuridici: sono alcune delle questioni affrontate
al 40.mo Incontro di studiosi dell’antichità cristiana che si è concluso ieri a Roma,
all’Istituto patristico Augustinianum. Il tema di quest’anno, “Lex et religio”, che
si sviluppa sulle legislazioni dell’impero romano e gli scritti dei Padri della Chiesa,
lascia emergere quanto il cristianesimo abbia influenzato la legislazione civile.
Lo spiega al microfono di Tiziana Campisi, padre Angelo di Berardino,
docente dell’Augustinianum:
R. – Con Costantino
e poi dopo Costantino, con tutti gli altri imperatori, alcune disposizioni legali,
pur seguendo il diritto romano, portano avanti alcune esigenze dei cristiani, con
i valori cristiani.
D. – Ci può fare qualche esempio?
R. – Un esempio
concreto, che ancora è presente oggi: Costantino nel 321 istituisce come giorno di
riposo per gli abitanti delle città il giorno del Sole, che per i cristiani già si
chiamava domenica. Questa, che sembra una disposizione così secondaria, in realtà
doveva cambiare tutta la struttura del tempo politico, del tempo sociale, del tempo
organizzativo, perché la domenica diventa giorno di riposo, in modo che la gente possa
onorare il proprio Dio.
D. – Con il diffondersi del cristianesimo, quali valori
vengono sempre più tutelati dalla legislazione?
R. – Per esempio, quello del
matrimonio: da una parte si protegge il matrimonio, ma dall’altra, secondo quel tipo
di società, non viene mai abolito il divorzio. E’ un incontro tra cristianesimo e
altri valori che si erano affermati nel frattempo, che per esempio riguardavano gli
schiavi - maggiore rispetto per gli schiavi – o la condanna dell’esposizione dei bambini.
Ci sono numerose leggi che cercano di proteggere il più bisognoso. C’è una legge dell’imperatore
Teodosio, che dice che quando si tratta delle cose della Chiesa bisogna rivolgersi
ai vescovi, ma i vescovi, non avendo potere civile, si affidano allo Stato. Ora, la
legge affronta certe questioni pubbliche e non rientra nelle cose private della coscienza.